8 febbraio 2018

Passo per verbalmente intransigente.  A volte anche verbalmente aggressiva. Certo, non in tutte le situazioni: dipende da qual è l'argomento e chi è l'interlocutore. Se sto discutendo di qualche tema serio, a voce o per iscritto, immancabilmente ad un certo punto arriva la replica: "Vuoi aver ragione a tutti i costi", "Non riesci a tollerare che si possa pensare diversamente da te", recentemente anche "Bisogna stare attenti a non scivolare nel dogmatismo". Non posso ricordare tutte le variazioni sul tema, ma, insomma, avete capito. E tutte le volte mi dispiace, penso che sicuramente ci sarebbe stato un modo migliore di esprimermi. Ma dentro di me mi viene un po' da sorridere dicendomi: "Anche stavolta hai sopravvalutato l'interlocutore".

Un paio di anni fa qualcuno mi ha scritto una lunga lettera in cui l'unico contenuto erano frasi come quelle poco sopra. All'apice c'era qualcosa come tre intere righe di "Ma tu Maria non pensi di essere un essere umano come gli altri e di poter sbagliare?"  Ho risposto che scrivendo così, qualunque fosse il tema e la situazione, non ci si può aspettare altra reazione che essere mandati a quel paese. Si è offeso. Riteneva di aver scritto seriamente. Avevo sopravvalutato moltissimo.

A me non verrebbe mai in mente di replicare con una frase come "non tolleri che si possa pensare diversamente", in nessuna circostanza. È una forma di attacco ad hominem (cioè ribattere ad un argomento non con un argomento ma con una critica di carattere personale a chi ha avanzato l'argomento).  Non mi verrebbe mai in mente di usare alcun tipo di attacco ad hominem. Proprio non capisco per quale motivo mai lo si dovrebbe fare. Mi interessa zero aver l'ultima parola in un dibattito. Mi interessa zero se le persone con cui parlo mi danno ragione o meno. Non concorderei mai con qualcuno se non lo pensassi veramente, Non mi interessa nulla degli attacchi ad hominem contro di me.

A me interessa soltanto che quello che dico sia il più possibile vero e ben argomentato. [se e quanto poi ci riesca è tutta un'altra cosa]

Oggigiorno, se qualcuno dice una cosa del genere suscita stupore e forse anche indignazione, ma non è sempre stato così. È il segno più pervasivo della vittoria del relativismo culturale il fatto che oggi praticamente tutti si riempiano la bocca di "rispetto per le opinioni degli altri" e vi attribuiscano valore di merito, al tempo stesso redarguendo chi difende con vigore le proprie idee. Verità?! Perché, credi forse esista una verità? Sei forse pazzo? O forse incredibilmente ingenuo? Ci sono delle opinioni, ognuno ha diritto alle sue opinioni, bisogna avere tolleranza per chi pensa diversamente da noi.

Ora, io mi riconosco in una corrente di pensiero che è la più fervente sostenitrice della libertà di espressione (che sia in parole o in ogni altro modo). Questo significa che mai riterrei giustificato l'uso della forza verso qualcuno sulla base delle idee che esprime. Chiunque deve essere libero di esprimere le idee che vuole. Lo penso talmente seriamente e sinceramente che difenderei questo principio in modo ... uh, intransigente. Secondo il principio di non aggressione chi viene aggredito per le sue idee ha diritto a difendersi legittimamente. Per me è un crimine usare violenza su qualcuno sulla base delle sue idee.

Ma la libertà di espressione è un concetto molto diverso dal vago "rispetto per le opinioni degli altri". Libertà di espressione vuol dire che si è liberi di criticare molto duramente le idee degli altri. Per questo motivo, nei paesi come gli Stati Uniti, fondati su un principio di libertà, è molto difficile accusare qualcuno di diffamazione. L'idea stessa del 'reato di diffamazione' è discutibile dal punto di vista libertario. E qui sto parlando di diffamazione, non di critiche alle idee.

Un libertario è favorevole alla depenalizzazione dell'uso e commercio di droga. Ma al tempo stesso, in perfetta coerenza, un libertario è favorevole a che chiunque possa esprimere le idee più contrarie e severe nei confronti dell'uso di droga. Un libertario mai approverebbe che l'omosessualità in quanto tale sia un reato (quindi punibile con la forza); però sostiene che chiunque debba poter esprimere i più severi giudizi sull'omosessualità.

Il "rispetto per le opinioni degli altri" suona così innocuo e meritorio, quasi tutti lo considerano tale. Davvero è così?

Dover "rispettare le opinioni degli altri", qualsiasi siano, crea una sorta di de-responsabilizzazione riguardo a quello che si ascolta e poi a quello che si dice. Si finisce per non prestare vera attenzione a quanto sentiamo dire, tanto in ogni caso non sarebbe nostro compito né buona educazione mettere in evidenza incoerenze o falsità. Diventa normale dire cose senza curarsi troppo della logica e della coerenza, ma solo perché "ci sembra così". E la reazione tipica se qualcuno invece presta attenzione e critica quello che abbiamo detto è quella di offendersi.  Diventiamo tutti snowflake.

Nella stessa lettera citata sopra, insieme a ripetute rimostranze per la mia mancata considerazione delle opinioni altrui, ad un certo punto c'era una frase il cui senso era (davvero): Se tu hai tutte le verità e io no, dovresti fare come dico io.  Allora ho detto: "alla faccia del non sequitur". Non sono sicura che abbia capito. Si è offeso tanto che dopo non ci siamo più sentiti. Davvero riteneva normale scrivere una frase così. Nello scambio che aveva dato origine alla lettera,  io avevo parlato dell'importanza della logica e di come la gente oggi sia assuefatta ai non sequitur.

Però notate quel "dovresti fare come dico io". È comune sentirsi autorizzati a non curarsi della logica elementare, al tempo stesso pretendendo di poter dettare agli altri quello che dovrebbero fare. La lettera era piena di indicazioni su come "sarebbe giusto che tu facessi".  Non c'era alcun argomento relativo al tema oggetto della questione. A me non verrebbe mai in mente di dire a qualcuno quello che dovrebbe fare (a meno che non mi si chieda espressamente "cosa pensi che dovrei fare?").

Nel caos mentale imperante, quando la gente è convinta di poter dire qualsiasi cosa, poi si finisce per non fare più caso  quando si impongono regole che realmente dettano agli altri come comportarsi. Il "rispetto per le opinioni degli altri" anestetizza la capacità di distinguere quello che si dice e poi quello che si fa.

La correttezza politica. L'imposizione del linguaggio. La cancellazione della storia. Tutto giustificato dal "non offendere qualcuno". La "politica di identità". I safe space nelle università che aizzano l'odio verso i bianchi (in particolare maschi) in nome dei propri offesi sentimenti. La censura in nome di controbattere la diffusione di fake news.

Come difensori della libertà, abbiamo di fronte un nemico al quale non importa nulla di logica e verità. Tutto quello che vuole è dominare e distruggere. Davvero ha senso restare passivi per "rispetto delle opinioni degli altri"?

Il vento sta cambiando. Qualche giorno fa c'è stata un'intervista su una TV nazionale inglese: una nota conduttrice femminista ha intervistato con piglio polemico Jordan Peterson, uno psicologo conservatore molto intelligente che di recente sta spopolando su YouTube. L'intervista si può trovare in questo articolo di Gary North. La conduttrice ad un certo punto ha detto addirittura qualcosa come "non essere offesi è un diritto umano". Il video su YouTube ha avuto milioni di visualizzazioni. La figuraccia della conduttrice è stata planetaria. Lo psicologo non si è fatto intimorire e ha continuato a rispondere con grande pacatezza e intelligenza di fronte ai più plateali e irritanti tentativi di mettergli in bocca parole non dette. Non le ha fatto passare niente. La conduttrice  non si è neanche resa conto di essere stata demolita. Chi ha visto se ne è accorto.

Ha detto Jordan Peterson commentando su chi lo accusa (di non essere politicamente corretto):

Se vuoi essere in grado di pensare, devi correre il rischio di essere offensivo.

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Lateralmente su questo tema: lo sfogo di un comico libertario (Perché i libertari non sono simpatici) e un fulminante articolo di Gary North (La civilizzazione e la sala docenti in facoltà).

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