di Eric Margolis (da Ron Paul Institute, 27 settembre 2014)

Dopo aver quasi provocato una guerra sull'Ucraina contro la Russia, una potenza nucleare, l'amministrazione Obama ora ha lanciato una crociata su vasta scala in Iraq e Siria contro i malvagi saraceni dell'ISIS.

La potenza aerea americana, inclusi i bombardieri pesanti B-1, sta tempestando di fuoco i furfanti dell'ISIS. Gli alleati arabi di Washington e i governi di destra di Canada e Australia si sono anch'essi buttati nella mischia. I britannici saranno i prossimi.

L'ISIS ha riservato un livore particolare ai francesi, riferendosi ad essi come "sporchi, maligni" francesi (agli inglesi questo piacerà), i cui aerei da guerra si sono uniti alla crociata di bombardamenti.

Il nuovo piano sembra sia: "Uccideteli tutti e ci penserà Dio a distinguere i buoni dai cattivi", uno slogan dell'era Vietnam riecheggiante l'originale dal Medio Evo.

Il vero problema è che la strategia della Casa Bianca sembra sia guidata da due donne rabbiose, Susan Rice e l'ambasciatore alle Nazioni Unite, Samantha Power.  Sembra che né costoro né il presidente Barack Obama abbiano alcuna competenza di strategia militare o geopolitica. E' l'ora dei dilettanti, guidati dalla frenesia di allarmismo isterico promossa da politici e media.

Il presidente iraniano si è espresso perfettamente quando ha definito la nuova guerra americana in Iraq-Siria una "baggianata", aggiungendo che "certe agenzie di intelligence hanno messo lame nelle mani di uomini folli, che ora non risparmiano nessuno".

Mentre gli Stati Uniti stanno tramando un nuovo e ancora più grande caos nel Levante, il vecchio caos in Afghanistan non fa che peggiorare. La settimana scorsa l'apparato coloniale di Washington è riuscito a cucire insieme un accordo politico in Afghanistan tra due rivali per la presidenza, Ashraf Ghani e Abdullah Abdullah.

Ashraf Ghani è la scelta di Washington per la presidenza; Abdullah fungerà da "capo esecutivo", una sorta di ruolo di primo ministro nuovo di zecca, che non ha alcuna possibilità di durare. Per nulla sorprendentemente, si assume che essi firmino velocemente un accordo per mantenere in Afghanistan 25.000 soldati americani e NATO per anni a venire. 

Il presidente afghano uscente, Hamid Karzai, messo in carica dalla CIA subito dopo l'invasione americana del 2001, si è lasciato andare ad un "tiro alla partica" [N.d.T:: in questo caso indica un insulto pronunciato prima di andarsene; i Parti erano un antico popolo iraniano] diretto al suo ex-alleato americano, affermando che gli americani non hanno mai voluto la pace in Afghanistan, bensì, piuttosto, la continua occupazione.

Karzai, emerso quale nazionalista genuino, ha affermato che l'unica cosa che gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno compiuto in Afghanistan è stato uccidere civili in grandi numeri.

Passando all'Iraq, l'ex primo ministro Nouri Maliki, un'altra "risorsa" installata dalla CIA, ha anch'egli rifiutato di firmare un trattato che permettesse la presenza a lungo termine di guarnigioni americane. E così se ne è dovuto andare. Ora Karzai si unisce a Maliki, facendo venire in mente la battuta di Kissinger per cui è più pericoloso essere alleati degli americani che loro nemici.

Gli Stati Uniti possono rigirare le carte in tavola in Afghanistan, ma il problema di base rimane. Ghani, in passato un accademico e dirigente di banca, è una persona rispettabile, ma è di gran lunga troppo occidentalizzato, ha poco sostegno dalla maggioranza Pashtun ed è visto perlopiù come un volenteroso collaboratore e pupazzo degli americani.

Il suo ex-rivale, Abdullah Abdullah, è il leader della Alleanza del Nord, una banda Tagiki della Vallata del Panjshir che era alleata dei sovietici quando Mosca occupò l'Afghanistan.

Rashid Dostam, signore della guerra uzbeko, grande criminale di guerra e importante collaboratore sovietico, si è unito alla Alleanza del Nord diventandone il leader.

L'Alleanza del Nord ha collaborato con gli Stati Uniti dopo l'invasione, proprio come i tagiki e gli uzbeki avevano fatto con i sovietici. I comunisti afghani hanno preso il controllo dei brutali servizi segreti nazionali, del ministero dell'interno, della polizia e degli affari esteri. Ma il loro campo principale di attività rimane quello dei narcotici.

I Talebani hanno praticamente eliminato tutto il traffico di droga afghano, eccetto nella regione controllata dall'Alleanza del Nord. Oggi, la produzione e le esportazioni di droga afghane hanno raggiunto quello che le Nazioni Unite chiamano "massimo storico".

Gli Stati Uniti rimangono l'orgoglioso padrone del maggiore produttore mondiale di eroina. I signori della droga che hanno tenuto Karzai al potere sono tutti stretti alleati degli Stati Uniti. Però nessuno a Washington si preoccupa di discutere lo sporco lato nascosto della politica afghana o di come il governo afghano operi con il denaro della droga. Gli aiuti esteri sono l'unica altra fonte di reddito per il governo.

La maggioranza dei Pashtun detesta il garbato Abdullah Abdullah e i suoi compagni tagiki. Da parte loro, i Tagiki guardano i Pashtun dall'alto al basso, considerandoli montanari arretrati. Tutti diffidano delle minoranze uzbeka e hazara, entrambe la quali hanno collaborato con gli occupanti americani o con l'Iran.

I Talebani, il più popolare e autentico movimento politico dell'Afghanistan, sono prevalentemente Pashtun. Il rifiuto di Washington di parlare direttamente con i demonizzati Talebani assicura che non si sarà alcun reale compromesso politico nello sventurato Afghanistan, che è in guerra da 35 anni.

La quasi dimenticata guerra in Afghanistan è costata agli Stati Uniti quasi 2.500 morti, 17.000 feriti e più di mille miliardi di dollari. L'esercito afghano "ricostruito" ha, senza il supporto diretto degli Stati Uniti, la stessa probabilità di collassare che aveva l'esercito iracheno, tre divisioni del quale sono scappate al primo contatto con i combattenti dell'ISIS.

Allora perché Washington continua a pompare miliardi di dollari in Afghanistan, che non ha petrolio? Perché, secondo la logica e la strategia imperiali, rimane il miglior passaggio per gli oleodotti che trasportano le ricchezze di petrolio del Bacino del Caspio verso sud, fino a Karachi sul Mar Arabico. E perché dall'Afghanistan si tiene d'occhio l'Asia Centrale, dove la Cina è sempre più attiva.

Infine, perché il potente complesso militare-industriale americano non può accettare di essere sconfitto da tribù Pashtun. Né possono farlo i politici americani, canadesi, britannici e francesi che hanno inviato i loro soldati a combattere e morire per questa guerra inutile.

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