di Daniel McAdams (da The Ron Paul Institute, ronpaulinstitute.com), 5 febbraio 2014
 

Dopo attenta e ragionata considerazione come è abitudine dei neocon verso gli affari di poltica estera, il Washington Institute for Near East Policy (WINEP), finanziato dall'AIPAC, è giunto ad una conclusione: dobbiamo bombardare la Siria. In un articolo dal titolo "Un nuovo approccio alla crisi siriana", i neocon al WINEP offrono non solo un approccio molto vecchio alla crisi, ma in effetti il loro unico approccio a qualsiasi crisi: avanti con le bombe!

L'autore, l'ex-ambasciatore statunitense in Iraq James Jeffrey (nel periodo 2010-2012 -- gran bel lavoro!), è presentato come il "distinto collaboratore esterno dalla Fondazione Philip Solondz ...[esperto] sulle strategie degli Stati Uniti per contrastare le manovre dell'Iran mirate ad espandere la sua influenza in Medio Oriente."

In linguaggio comune, la traduzione è "eccoti un sacco di soldi per giustificare un attacco degli Stati Uniti all'Iran".

Questa volta l'ambasciatore Jeffrey rivolge lo sguardo alla Siria, cioè l'esercizio di riscaldamento in vista dell'attacco all'Iran pianificato dai neocon. Egli sostiene che l'amministrazione Obama "sovrastima i rischi di coinvolgimento serio" in Siria, sebbene riconosca che ciò sia comprensibile "dati i precedenti in Iraq e e Afghanistan". Nondimeno, egli cita il grande successo delle azioni militari americane "in Libia, contro al-Qaeda, contro i pirati somali e contro nemici mirati in Iraq nel 2011" per sostenere la sua tesi "Perché no contro la Siria?". Come in quei casi, attacchiamo.

Cosa importa che ognuno di questi "successi" snocciolati sia stato un fallimento totale - la Libia? l'Iraq? Veramente? E non dimentichiamo che le azioni militari americane contro al-Qaeda in posti come lo Yemen e il Pakistan non solo non sono stati un successo, ma in realtà hanno creato più affiliati ad al-Qaeda di quanti siano stati capaci di uccidere. E come sappiamo la stessa al-Qaeda che non esisteva in Iraq prima dell'attacco americano in quel paese è tornata a Fallujah e nella provincia dell'Anbar negli ultimi mesi, apportando verità al mito della "ondata".

Jeffrey sostiene che gli Stati Uniti dovrebbero attaccare "soft target" come l'infrastruttura elettrica della Siria (crimine di guerra?), allo stesso tempo fornendo alle "fazioni fidate dell'opposizione" armi avanzate quali il sistema missilistico MANPAD e "intraprendendo azioni dirette contro l'aeronautica e i missili del regime". Non sembra essere preoccupato dalle numerose fonti secondo le quali i gruppi affiliati ad al-Qaeda finiscono per mettere le mani sulle armi americane destinate ai "moderati" in Siria.

Un attacco diretto alla Siria, insieme all'armamento sostanziale dei ribelli, egli sostiene, "convincerebbe Damasco, l'Iran e la Russia della necessità di cominciare a negoziare seriamente".

Il WINEP è talmente ossessionato dal rovesciamento del governo secolare di Assad che non esita ad incoraggiare lo scontro diretto con la Russia e ad accettare la possibilità di dominio di al-Qaeda in Siria. Forse sono convinti che questa volta, finalmente, faranno le cose per bene...?