Ron Paul (Ron Paul Institute, 14 maggio 2017)

Entro la fine di questo mese, il Segretario alla Difesa James Mattis e il Consigliere per la Sicurezza Nazionale HR McMaster presenteranno al presidente Trump i  piani per l'escalation militare in Afghanistan, Iraq e Siria. Il presidente Trump farebbe una cosa saggia se stracciasse i piani e facesse ripartire da zero il suo team per la sicurezza nazionale - oppure lo rimpiazzasse. Non c'è modo in cui un'ulteriore "ondata" in Afghanistan e Iraq (più lo stesso anche in Siria) possa mettere al primo posto l'America. Non c'è modo in cui facendo di nuovo la stessa cosa la riuscita possa essere migliore di quanto sia stata l'ultima volta.

All'epoca del decimo anniversario della guerra americana all'Afghanistan - sette anni fa - presi la parola al Congresso per mettere in evidenza che la guerra non aveva senso. L'autorizzazione originale aveva poco a che fare con l'eliminazione dei Talebani. Era una risoluzione per la ritorsione contro chi aveva attaccato gli Stati Uniti l'11 settembre 2001. Da quanto sappiamo ora, il governo dell'Arabia Saudita aveva molto più a che fare con il sovvenzionamento e la pianificazione dell'11 settembre di quanto avessero i Talebani. Tuttavia stiamo ancora pompando denaro in quella causa persa. Stiamo ancora uccidendo gente afghana e facendo questo stiamo creando la prossima generazione di terroristi.

La guerra contro l'ISIS non finirà con la sconfitta dell'ISIS a Mosul e Raqqa. Non faremo i bagagli per tornare a casa. Invece, il Pentagono e il Dipartimento di Stato hanno entrambi dichiarato che le truppe americane resteranno in Iraq dopo la sconfitta dell'ISIS. La presenza prolungata di truppe americane in Iraq porterà all'insorgenza di altri gruppi di resistenza ISIS o simil-ISIS, che a loro volta porteranno alla permanente occupazione americana dell'Iraq. Gli "esperti" americani hanno completamente sbagliato la diagnosi del problema, quindi non deve sorprendere che le loro soluzioni non funzionino. Hanno affermato che al-Qaeda e l'ISIS si sono diffusi in Iraq perché ce ne siamo andati, quando in realtà sono sorti in primo luogo perché abbiamo invaso.

Si dice che il generale David Petraeus abbia molta influenza su HR McMaster, e in Siria egli sta spingendo per il tipo di "ondata" di truppe americane che ancora crede abbia avuto successo in Iraq. Si dice che i due siano a favore dell'invio di migliaia di soldati americani a combattere l'ISIS nella Siria orientale, invece di affidarsi alle Forze Democratiche Siriane sponsorizzate dagli USA e guidate dai curdi. Questa "ondata" in Siria porterebbe anch'essa ad una prolungata occupazione americana di una ampia parte della Siria, dal momento che è improbabile che gli Stati Uniti restituiscano il territorio al governo siriano. Rimarrà un avamposto di ribelli armati che possono essere sguinzagliati contro Assad quando decide il presidente americano? E' difficile sapere da una settimana all'altra se il "cambio di regime" in Siria è una priorità americana oppure no. Però sappiamo che un'occupazione americana di lungo termine in mezza Siria sarebbe illegale, pericolosa ed enormemente costosa.

I generali del presidente Trump, a quanto sembra, spingono tutti per una notevole escalation militare in Medio Oriente e in Asia. Il presidente va avanti e indietro, un minuto dicendo "non andremo in Siria", e un minuto dopo sembrando favorevole ad un'altra ondata. Ha dato ai militari molta libertà di decisione e azione, e potrebbe farsi persuadere dai suoi generali che l'unica soluzione sia andare in grande. Se segue questo tipo di consigli, è probabile che la sua presidenza stessa rimanga sepolta in quel cimitero di imperi.

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