Farewell to Congress

Discorso di Ron Paul in occasione del commiato dal Congresso, Novembre 2012

congress speechQuesta potrebbe essere davvero l’ultima volta che parlo in quest’aula. Alla fine dell’anno lascerò il Congresso, dopo 23 anni in carica nell’arco di 36 anni. I miei obiettivi nel 1976 erano gli stessi di oggi: promuovere la pace e la prosperità nel rigoroso rispetto dei principi di libertà individuale.

Era mia opinione che il corso intrapreso dagli Stati Uniti nell’ultima parte del ventesimo secolo ci avrebbe portato ad una grave crisi finanziaria e ad una politica estera di espansione inarrestabile, nociva alla nostra sicurezza nazionale.

Per raggiungere gli obiettivi che ho perseguito, il governo dovrebbe ridurre le sue dimensioni e i suoi ambiti di intervento, ridurre la spesa, cambiare il sistema monetario e rifiutare i costi insostenibili della sorveglianza del mondo e dell’espansione dell’impero americano.

I problemi apparivano schiaccianti e impossibili da risolvere, eppure, dal mio punto di vista, il semplice rispetto dei vincoli posti al governo federale dalla Costituzione sarebbe stato un buon punto di partenza.

 Quanto sono riuscito a realizzare?

Per molti versi, secondo i canoni convenzionali, la mia lunga seppur discontinua carriera al Congresso, tra  il 1976 e il 2012, ha realizzato molto poco. Nessuna legge col mio nome, nessun edificio federale o strada pubblica – grazie al cielo. Nonostante i miei sforzi, il governo è cresciuto esponenzialmente, le tasse restano eccessive e la proliferazione di regolamentazioni incomprensibili continua. Essere in guerra è la norma e le guerre sono avviate senza la dovuta dichiarazione del Congresso, i deficit salgono alle stelle, la povertà dilaga e la dipendenza dal governo federale oggi è peggiore di quanto sia mai stata nel corso della nostra storia.

Tutto questo senza la minima preoccupazione per il deficit e per gli impegni di spesa sottoscritti per il futuro, che, il buon senso ci dice, non possono proseguire così ancora per molto. Un grandioso, ma mai nominato, accordo bipartisan protegge il segreto per continuare a spendere. Una parte non cede di un centesimo sulle spese militari, l’altra parte non cede di un centesimo sulle spese di welfare, mentre entrambe le parti appoggiano i salvataggi e i sussidi per le élite finanziarie e industriali. E così le spese continuano, mentre l’economia si indebolisce e la spirale verso il basso continua. Il nostro governo continua ad immischiarsi in giro per il mondo, mentre le nostre libertà e la nostra ricchezza bruciano tra le fiamme di una politica estera che ci rende meno sicuri.

Il principale ostacolo a veri cambiamenti è la strenua resistenza ad ammettere che il paese è in bancarotta. Questo ha reso il compromesso inevitabile, anche se solo per accordarsi sull’incremento di spesa, dal momento che nessuna delle due parti ha alcuna intenzione di tagliare le spese.

Il paese e il Congresso continueranno a litigare perché “non c’è più bottino da spartirsi”. Se non lo si riconosce, gli scialacquatori a Washington continueranno a marciare verso un “fiscal cliff” molto più ampio di quello che si prevede per il prossimo gennaio.

Mi sono interrogato a lungo sul perché siamo riusciti così poco, noi che crediamo nella libertà come soluzione, a convincere gli altri dei vantaggi della libertà. Se la libertà è davvero ciò che noi proclamiamo che sia – il principio che protegge tutte le decisioni personali, sociali ed economiche necessarie per la massima prosperità e per la migliore possibilità di pace – farla apprezzare dovrebbe essere facilissimo. Eppure, la storia mostra che le masse sono ricettive soprattutto alle promesse autoritarie, nonostante siano raramente, o mai, mantenute.

Autoritarismo vs. libertà

Se l’autoritarismo conduce alla povertà, alla guerra e a minor libertà per tutti gli individui, se è controllato da pochi gruppi di interesse, ci si aspetterebbe di vedere la gente chiedere con insistenza di avere libertà. Al tempo dei Padri Fondatori ci fu certamente un forte anelito di libertà, al punto da motivare quanti combatterono nella rivoluzione contro il potente governo inglese.

Per tutto il lungo periodo in cui sono stato al Congresso, l’appetito per la libertà è stato molto debole; la comprensione della sua importanza minima. Però la buona notizia è che, in confronto al 1976, quando entrai al Congresso per la prima volta, il desiderio di maggiore libertà e meno stato nel 2012 è molto più diffuso ed è in crescita, specialmente tra gli attivisti volontari. Decine di migliaia di adolescenti e studenti universitari accolgono con grande entusiasmo il messaggio di libertà.

Mi sono formato qualche idea sul perché la gente di un paese come il nostro, un tempo il più libero e il più prospero, ha permesso il deterioramento delle condizioni fino a questo punto.

La libertà, la proprietà privata e i contratti volontari generano ricchezza. Nella nostra storia degli inizi ne eravamo ben consapevoli. Ma, nella prima parte del ventesimo secolo, i nostri politici promossero l’idea che il sistema fiscale e quello monetario dovevano cambiare, affinché potessimo spendere di più in affari domestici e militari. Fu per questo che il Congresso ci diede la Federal Reserve e la tassa sul reddito. La maggioranza degli americani, insieme a molti rappresentanti del governo, furono d’accordo sulla necessità di sacrificare di un po’ di libertà, al fine di realizzare idee che alcuni indicavano come “progressiste”. La pura democrazia divenne accettabile.

Non ci si rese conto di fare l’esatto opposto di ciò che i coloni intendevano realizzare quando tagliarono i ponti con gli inglesi.

Alcuni ribattono che i miei argomenti non hanno senso, dal momento che negli ultimi cento anni la ricchezza e lo standard di vita sono cresciuti per molti americani, persino con queste nuove politiche.

Ma i danni all’economia di mercato e alla moneta sono stati insidiosi e continui. C’è voluto molto tempo per consumare la nostra ricchezza, per distruggere la nostra moneta, minare la produttività e portare i nostri impegni finanziari al punto di non ritorno. La fiducia qualche volta dura di più di quanto si meriti. La maggior parte della nostra prosperità oggi dipende dal debito.

La ricchezza di cui godevamo sembrava senza fine e ci ha permesso di trascurare di preoccuparci dei principi di una società libera. Fino a quando la maggioranza pensava che l’abbondanza materiale sarebbe durata per sempre, non sembrava necessario preoccuparsi di proteggere la libertà individuale e un’economia competitiva e produttiva.

L’era della redistribuzione

Questa negligenza ci ha spinto verso un’era di redistribuzione della ricchezza, da parte di un governo pronto a prostrarsi di fronte a tutti i gruppi di interesse, tranne di fronte a coloro che desiderano semplicemente essere lasciati in pace. Questo è il motivo per cui oggi il denaro che finisce in politica supera di gran lunga il denaro che va in ricerca e sviluppo per iniziative imprenditoriali produttive.

I benefici materiali sono diventati più importanti rispetto alla comprensione e promozione dei principi di libertà e del libero mercato. E’ vero che l’abbondanza materiale è un risultato della libertà, ma se il materialismo è tutto ciò di cui ci curiamo, i problemi sono garantiti.

La crisi è arrivata perché è finita l’illusione che la ricchezza e la prosperità sarebbero durate per sempre. Dal momento che questa illusione era fondata sul debito e sulla presunzione che un sistema monetario fiat senza controllo potesse gestire il debito, era destinata a fallire. Ci ha portati verso un sistema che non produce a sufficienza neanche per finanziare il debito, oltretutto senza alcuna comprensione del perché la libertà sia cruciale per invertire questi andamenti.

Se si continua a non riconoscerlo, la ripresa tarderà per molto tempo. Continueranno l’espansione del governo, della spesa, del debito, della povertà per la classe media e del potere delle élite speciali.

C’è bisogno di un risveglio intellettuale

Senza un risveglio intellettuale, il punto di svolta sarà determinato dalle leggi economiche. Una crisi del dollaro metterà in ginocchio l’attuale sistema fuori controllo.

Se non si riconosce che l’espansione del governo, il denaro fiat, il disinteresse per la libertà, la pianificazione centralizzata, il welfare e le guerre hanno causato la nostra crisi, ci possiamo aspettare una marcia continua e pericolosa verso il corporativismo e persino il fascismo, accompagnata da una perdita sempre maggiore delle nostre libertà. La prosperità, per un’ampia classe media, diverrà un sogno astratto.

Questa direzione non è diversa da quanto abbiamo potuto scorgere nella gestione della crisi del 2008. Per cominciare, il Congresso organizzò soccorsi per i ricchi, con l’appoggio di entrambi i partiti; poi fu la volta della Federal Reserve con il suo “quantitative easing” senza fine. Se non riesci subito, prova ancora: QE1, QE2, QE3 e senza risultati proviamo QE indefinitamente – finché anche questo fallisce. C’è un costo per tutto questo e vi assicuro che ritardare il pagamento non è più un’opzione. Le regole del mercato estrarranno la loro libbra di carne e non sarà una bella cosa.

La crisi corrente genera molto pessimismo; pessimismo significa minor fiducia nel futuro. Le due cose si nutrono l’una dell’altra, facendo peggiorare la situazione.

Se non comprendiamo la causa fondamentale della crisi, non possiamo pensare di risolvere nulla. La guerra, il welfare, il deficit, la politica monetaria inflazionistica, il corporativismo, i salvataggi e l’autoritarismo sono temi che non possono essere ignorati. Non possiamo aspettarci buoni risultati semplicemente espandendo queste politiche.

Tutti proclamano di essere a favore della libertà. Troppo spesso, però, si è a favore della propria libertà e non di quella degli altri. Troppi credono che ci debbano essere limiti alla libertà: ritengono che occorra indirizzare la libertà verso gli obiettivi di imparzialità e pari opportunità, per cui diventa accettabile ridurre con la forza certe libertà.

Alcuni decidono quali libertà devono essere limitate e per chi. Sono i politici il cui obiettivo nella vita è il potere. Il loro successo dipende dall’appoggio che riescono ad ottenere da speciali gruppi di influenza.

Basta con gli ‘ismi’

La splendida notizia è che la risposta non è in altri “ismi”. Le risposte consistono in più libertà, che costa molto meno. Con maggiore libertà, le spese statali calano, la produzione di risorse aumenta e la qualità della vita migliora.

Anche solo riconoscerlo, specialmente se poi agiamo in questa direzione, fa aumentare l’ottimismo, che già in se stesso porta benefici. Per portare le cose a compimento occorrono politiche sane, comprese e appoggiate dalla popolazione.

Molti segnali indicano che la generazione ora alle porte dell’età adulta sia favorevole alla direzione verso più libertà e responsabilità personale. Più questo cambio di direzione diventa noto, più rapido sarà il ritorno dell’ottimismo.

Il nostro compito, per chi tra noi crede che il sistema degli ultimi cento anni ci abbia portato a questa crisi insostenibile, è quello di impegnarci a trasmettere l’idea che ci sia un sistema meraviglioso, morale e non complicato, in grado di fornire le risposte cercate. Ne abbiamo avuto un assaggio nella nostra storia degli inizi. Non dobbiamo rinunciare a promuovere questa causa.

Questo sistema funzionava, eppure abbiamo permesso ai nostri leader di concentrarsi sull’abbondanza materiale prodotta dalla libertà e di ignorare la libertà stessa. Adesso non abbiamo nessuna delle due, ma la porta è aperta, per necessità, ad una risposta. La risposta a nostra disposizione è basata sulla Costituzione, sulla libertà individuale e sulla proibizione dell’uso della forza dello stato per garantire privilegi e benefici a tutti i vari interessi particolari.

Ora, più di cento anni dopo, abbiamo di fronte una società molto diversa da quella che avevano in mente i Fondatori. In molti sensi, i loro sforzi per proteggere da questo pericolo le generazioni future, tramite la Costituzione, sono risultati vani. Gli scettici, al tempo in cui la Costituzione fu scritta nel 1787, ci avvertirono della possibilità dell’esito che vediamo oggi. La natura insidiosa dell’erosione delle nostre libertà e la rassicurazione che ci dava la grande abbondanza, hanno fatto sì che il processo si evolvesse verso il periodo pericolante in cui viviamo.

La dipendenza dalla spesa dello stato

Oggi ci troviamo di fronte alla dipendenza dallo Stato per quasi tutte le necessità. Le nostre libertà sono ristrette e lo Stato opera fuori dalle regole legali, proteggendo e premiando coloro che corrompono o forzano il governo a soddisfare le proprie richieste. Ecco qualche esempio:

  • Guerre senza una dichiarazione sono la norma.

  •  Il welfare per i ricchi e per i poveri è considerato un diritto.

  •  L’economia è iper-regolata, iper-tassata e fortemente distorta da un sistema monetario profondamente scorretto.

  • Il debito cresce esponenzialmente.

  •  Il Patriot Act e il Foreign Intelligence Surveillance Act, diventati legge quasi senza dibattito, producono una continua erosione dei diritti garantiti dal Quarto Emendamento.

  • Tragicamente, il nostro governo intraprende azioni di guerra preventiva, altrimenti nota come aggressione, senza proteste da parte del popolo americano.

  • La guerriglia tramite  droni, che stiamo conducendo in tutto il mondo, è destinata a ritorcersi contro di noi, in quanto la perdita di vite innocenti e la violazione delle leggi internazionali fa crescere l’odio. Se saremo indeboliti finanziariamente e sotto pressione militarmente, ci sarà molto risentimento rivolto verso di noi.

  • E’ legge, oggi, che le forze armate possano arrestare cittadini americani e trattenerli indefinitamente, senza accuse e senza processo.

  •  L’imperversante ostilità verso il libero mercato è appoggiata da molti a Washington. Coloro che appoggiano le sanzioni, la manipolazione del denaro e le ritorsioni commerciali del WTO, chiamano “isolazionisti” i veri sostenitori del libero mercato.

  •  Le sanzioni sono usate per punire paesi che non obbediscono ai nostri ordini.

  • Salvataggi e garanzie per tutti i tipi di comportamento scorretto sono di routine.

  • La pianificazione centralizzata dell’economia, tramite la politica monetaria e tramite regolamentazioni e mandati legislativi, è considerata accettabile.

Domande

L’intrusione eccessiva dello stato ha confuso le cose a tal punto da far sorgere un’infinità di domande:

  •  Perché sono incarcerate persone malate che usano marijuana a fini medicinali?

  • Perché il governo federale limita la libertà di consumare latte crudo?

  • Perché gli americani non possono produrre cordami e altri prodotti dalla canapa?

  •  Perché non è permesso agli americani usare oro e argento come valuta legale, così come comanda la Costituzione?

  •  Perché la Germania è preoccupata al punto da prendere il considerazione il rimpatrio del suo oro, custodito dalla Federal Reserve a New York? Forse perché la fiducia nella supremazia degli Stati Uniti e del dollaro sta cominciando a venire meno?

  • Perché i nostri leader politici ritengono che non sia necessaria una verifica accurata del nostro stesso oro?

  •  Perché gli americani non possono decidere quale tipo di lampadine comprare?

  • Perché alla TSA è permesso violare i diritti degli americani che viaggiano in aereo?

  • Perché mai crimini senza vittime dovrebbero essere puniti con il carcere, addirittura con l’ergastolo, come è previsto dalle nostre leggi anti-droga?

  •  Perché abbiamo permesso al governo federale di mettere regole anche agli scarichi dei bagni nelle nostre case?

  • Perché criticare l’AIPAC equivale a suicidio politico per chiunque osi farlo? (AIPAC è l’acronimo di American Israel Public Affairs Committee, N.d.T.)

  •  Perché continuiamo con la guerra alla droga, dal momento che è un ovvio fallimento e viola i diritti delle persone? Qualcuno ha forse notato che le autorità non riescono nemmeno a tenere la droga fuori dalle prigioni? Come si può risolvere il problema facendo della nostra intera società una prigione?

  • Perché sacrifichiamo così tanto per intrometterci inutilmente in dispute sui confini e in ribellioni civili in giro per il mondo, mentre al tempo stesso ci disinteressiamo delle cause del confine più letale del mondo – quello tra il Messico e gli Stati Uniti?

  • Perché il Congresso cede volontariamente le sue prerogative al ramo esecutivo?

  •  Perché cambiare il partito al governo non fa mai cambiare le linee di governo? Forse perché entrambi i partiti hanno essenzialmente la stessa visione?

  • Perché le grandi banche, le grandi aziende e anche banche straniere, incluse banche centrali straniere, nel 2008 furono salvate mentre la classe media perse il lavoro e la casa?

  • Perché sono così tanti nel governo e tra i funzionari federali a credere che creare denaro dal nulla crei ricchezza?

  •  Perché così tanti accettano il principio, profondamente fallace, secondo il quale i burocrati e i politici possono proteggerci da noi stessi senza distruggere totalmente il principio di libertà?

  •  Perché la gente non riesce a capire che la guerra distrugge sempre la ricchezza e la libertà?

  •  Perché ci si preoccupa così poco del decreto esecutivo che dà al presidente l’autorità di stabilire una “kill list”, cioè una lista di individui da assassinare, su cui possono essere anche cittadini americani?

  •  Perché si pensa che il patriottismo consista in lealtà cieca al governo e ai politici che lo guidano, piuttosto che lealtà ai principi di libertà e di sostegno al popolo? Il vero patriottismo è la volontà di mettere in discussione il governo quando sbaglia.

  •  Perché si afferma che se le persone non vogliono o non possono prendersi cura delle proprie necessità, allora gli uomini al governo possono farlo per loro?

  •  Perché mai diamo il nostro benestare al governo quando compie atti di violenza contro la popolazione?

  • Perché alcuni membri del Congresso difendono il libero mercato, ma non le libertà civili?

  • Perché alcuni membri del Congresso difendono le libertà civili ma non il libero mercato? Non sono forse la stessa cosa?

  •   Perché sono così pochi a difendere sia la libertà economica che la libertà personale?

  •  Perché non ci sono più individui che cercano di influenzare intellettualmente gli altri verso cambiamenti positivi, di quanti inseguono il potere di forzare gli altri ad obbedire ai loro ordini?

  •  Perché non viene contestato l’uso della religione per promuovere una sorta di vangelo sociale e anche guerre preventive, quando entrambi implicano l’uso autoritario della violenza? L’aggressione e la redistribuzione forzata della ricchezza non hanno nulla a che vedere con gli insegnamenti delle grandi religioni del mondo.

  •   Perché permettiamo che il governo e la Federal Reserve diffondano false informazioni sia riguardo alla politica economica che alla politica estera?

  • Perché la democrazia è tenuta in così alta considerazione, quando è nemica delle minoranze e rende tutti i diritti subordinati ai dettami della maggioranza?

  • Perché ci si dovrebbe stupire se il Congresso non ha alcuna credibilità, dal momento che c’è una sconnessione così marcata tra quello che i politici dicono e quello che fanno?

C’è una qualche spiegazione per tutto l’inganno, l’infelicità, la paura per il futuro, la perdita di fiducia nei nostri leader, la diffidenza, la rabbia, la frustrazione? Sì, c’è; e c’è anche una strada per invertire questi atteggiamenti. Le percezioni negative sono logiche e conseguenti ai disastri causati dalle cattive politiche. L’identificazione dei problemi e il riconoscimento delle loro cause stimolano la realizzazione dei cambiamenti giusti.

Fiducia in se stessi, non nello Stato

Troppe persone, per troppo tempo, hanno riposto troppa fiducia nello Stato e non abbastanza in se stessi. Fortunatamente, oggi molti stanno diventando consapevoli della gravità dei grossolani errori compiuti ormai da diversi decenni. Entrambi i partiti politici sono sotto accusa. Molti americani ora chiedono di sapere la verità e vogliono fermare la demagogia. Senza questo primo passo, nessuna soluzione è possibile.

Voler conoscere la verità, fino a trovare le risposte nella libertà e nella responsabilità personale, stimola l’ottimismo necessario al ritorno della prosperità. Il processo non è così difficile se la politica non ci si mette in mezzo.

Abbiamo permesso che finissimo in questa situazione disastrata per varie ragioni.

I politici si auto-ingannano sulle cause della produzione di ricchezza. Troppa fiducia è riposta nel giudizio di politici e burocrati, soppiantando la fiducia in una società libera. Troppi, tra coloro che occupano posizioni di grande autorità, sono convinti che solo loro, armati di arbitrario potere statale, siano in grado di creare condizioni di imparzialità e correttezza, allo stesso tempo facilitando la produzione di ricchezza. Questa idea si dimostra sempre un sogno utopico e distrugge ricchezza e libertà. Impoverisce la popolazione e premia gli interessi particolari che finiscono per controllare entrambi i partiti politici.

Non sorprende, quindi, che molto di quel che succede a Washington sia sotto la spinta della brama di potere e della faziosità, mentre le differenze filosofiche hanno ben poco rilievo.

Ignoranza economica

L’ignoranza economica è la norma. Le teorie keynesiane sono tuttora dominanti, sebbene oggi si trovino di fronte a contestazioni salutari ed entusiastiche. Coloro che credono nell’approccio keynesiano continuano a promuovere disperatamente le loro politiche fallimentari, mentre l’economia langue in un torpore profondo.

I sostenitori degli editti governativi amano usare argomenti umanitari per giustificare le loro posizioni. Si usano sempre argomenti umanitari per giustificare mandati del governo nell’ambito dell’economia, della politica monetaria, della politica estera e della libertà personale. Ciò si fa di proposito per scoraggiare la contestazione. Però, la violenza per ragioni umanitarie continua ad essere violenza. Le buone intenzioni nell’uso della forza non sono una scusante e si rivelano altrettanto dannose dell’uso della forza con cattive intenzioni. Il risultato è sempre negativo.

L’uso immorale della forza è la fonte dei problemi politici dell’umanità. Purtroppo, molti gruppi religiosi, molte organizzazioni secolari e molti psicopatici autoritari appoggiano l’uso della forza dello stato per cambiare il mondo. Persino quando gli obiettivi desiderati sono frutto di buone intenzioni, o forse in particolar modo proprio quando sono frutto di buone intenzioni, i risultati sono penosi e lugubri. I buoni risultati auspicati non si materializzano mai. Si creano nuovi problemi i quali richiedono ancora più forza dello stato come soluzione. Il risultato netto è l’istituzionalizzazione della violenza iniziata dallo stato e la sua giustificazione su base umanitaria.

Per questa stessa ragione, il nostro governo usa la forza per invadere altri paesi, estende la pianificazione centralizzata dell’economia e pretende di regolamentare la libertà personale e le abitudini dei nostri concittadini.

E’ davvero curioso: a meno di non avere una mente criminale e nessun rispetto per gli altri e l’altrui proprietà, nessuno afferma che sia ammissibile entrare in casa dei vicini e dire loro come dovrebbero comportarsi, cosa possono mangiare, fumare, bere, o come dovrebbero spendere i loro soldi.

Eppure, raramente ci si chiede perché debba essere moralmente accettabile che uno sconosciuto con un distintivo e una pistola possa fare la stessa cosa, in nome della legge. Qualsiasi resistenza è repressa con la forza bruta, con sanzioni, tasse, arresto e persino imprigionamento. Sempre più frequentemente, questo avviene senza un necessario mandato di perquisizione.

Basta con il monopolio dell’aggressione

Impedire il comportamento aggressivo è una cosa, ma legalizzare il monopolio dell’aggressione può portare solo all’esaurimento della libertà e, come conseguenze, a caos, rabbia e tracollo della società civile. Permettere che burocrati e politici abbiano questa autorità, per poi aspettarsi un comportamento modello, è una fantasia irrealizzabile. Oggi abbiamo un esercito permanente di burocrati armati, in agenzie governative quali TSA, CIA, FBI, Fish and Wildlife, FEMA, IRS, Corp of Engineers, ecc., forte di più di centomila uomini. Negli incostituzionali tribunali amministrativi, i cittadini sono colpevoli finché la loro innocenza non è provata.

Lo stato, in una società libera, non dovrebbe avere alcuna autorizzazione ad intromettersi nelle attività sociali o nelle transazioni economiche tra individui. Né dovrebbe immischiarsi negli affari delle altre nazioni. Tutte le attività pacifiche, anche se controverse, dovrebbero essere permesse.

Dobbiamo respingere l’idea di restrizione a priori dell’attività economica, così come lo facciamo per la libertà religiosa e di espressione. Ma persino in quest’ambito, lo stato sta cominciando ad usare un approccio indiretto e pericoloso, di “political correctness”, per limitare la libertà di parola. A partire dall’11 settembre 2001, monitorare ciò che si dice su Internet non richiede più permessi speciali.

La proliferazione di reati federali

La Costituzione stabilisce quattro reati federali. Oggi, gli esperti non riescono a mettersi d’accordo neanche su quanti sono i reati federali nei codici legali: sono nell’ordine delle migliaia. Nessun singolo individuo può conoscere tutta l’enormità del sistema legale, specialmente le leggi fiscali. A causa della malconcepita guerra alla droga e dell’espansione senza fine del codice penale, abbiamo ora sei milioni di persone in carcere o comunque sottoposte a misure correttive, più di quante mai ne ebbero i sovietici e più di qualunque altra nazione oggi, inclusa la Cina. Non capisco la compiacenza del Congresso e la volontà di continuare con l’ossessione di far approvare ancora più leggi federali. I vincoli di obbligatorietà della pena associati alle leggi sulla droga hanno fatto esplodere il problema carcerario.

Le leggi federali riempiono 75000 pagine, quelle tributarie 72000 pagine e si espandono anno dopo anno. Mi chiedo a quale punto la gente comincerà a gridare “basta” e a pretendere che il Congresso si fermi e desista.

La strada per la libertà

La libertà si può raggiungere solo negando allo stato l’uso aggressivo della forza. Per avere libertà, occorre un tipo preciso di stato. E per ottenerlo, non è sufficiente esprimere appoggio a parole.

Ci sono due possibili scelte.

1. Uno stato concepito per proteggere la libertà, cioè un diritto naturale, come suo unico obiettivo. Si suppone che la popolazione si prenda cura di se stessa e rifiuti qualsiasi uso della forza per interferire con la libertà di altri. Al governo è attribuita solo l’autorità, rigorosamente limitata, di far rispettare i contratti e la proprietà privata, di risolvere le dispute e di difenderci dall’aggressione esterna.

2. Uno stato che pretende di proteggere la libertà, ma a cui è riconosciuto il potere di usare la forza arbitrariamente sulla popolazione e sulle altre nazioni. Sebbene spesso si intenda che questa concessione di potere sia rigorosamente piccola e limitata, essa inevitabilmente finisce col metastatizzare in un cancro politico onnipotente. Questo è il problema di cui il mondo ha sofferto nel corso di tutta la storia. Nonostante si intenda che debba essere un sacrificio limitato, si tratta comunque del sacrificio al 100% di un principio e i potenziali tiranni lo trovano irresistibile. Viene usato vigorosamente, per quanto in modo incrementale e insidioso. Concedere potere ai pubblici ufficiali finisce sempre col dimostrare l’adagio “il potere corrompe”.

Non appena lo stato ottiene la concessione, pur limitata, ad usare la forza al fine di controllare le abitudini personali e di pianificare l’economia, si instaura una progressione continua verso un governo tirannico. Solo uno spirito rivoluzionario può invertire il processo e negare allo stato l’uso arbitrario dell’aggressione. Non esiste una via di mezzo. Sacrificare un po’ di libertà per una sicurezza immaginaria va sempre a finire male.

Il disastro attuale è il risultato dell’aver accettato l’opzione 2, nonostante i Fondatori abbiano cercato di darci l’opzione 1.

I risultati non sono buoni. L’erosione della nostra libertà è accompagnata dal consumo della nostra ricchezza. La ricchezza che vediamo oggi è basata sul debito, sulla avventata disponibilità da parte di stranieri ad accettare i nostri dollari in cambio di beni e servizi. Poi questi stranieri ci riprestano gli stessi dollari, perpetuando il nostro sistema di debito. E’ incredibile che abbia funzionato finora, ma lo stallo a Washington, nella ricerca di una soluzione, indica che molti cominciano a capire la serietà della crisi mondiale del debito e i pericoli che corriamo. Più a lungo continua questo processo, più dura sarà la situazione in cui ci troveremo.

La crisi finanziaria è una crisi morale 

Sono molti oggi a riconoscere che una grave crisi finanziaria è alle porte, però pochi capiscono che, in realtà, si tratta di una crisi morale. E’ la crisi morale che ha permesso che fossero minate le nostre libertà e che permette la crescita esponenziale di potere statale illegale. Senza una comprensione chiara della natura della crisi, sarà arduo impedire la marcia diritta verso la tirannia e verso la povertà che la accompagna.

In ultima analisi, la popolazione deve decidere quale forma di stato vuole, opzione 1 oppure opzione 2. Non c’è altra scelta. Proclamare che ci sia una scelta che permette “un po’” di tirannia è come descrivere la gravidanza come “un po' di gravidanza”. E’ un mito credere che una miscela di libero mercato e pianificazione centrale dell’economia sia un compromesso valido. Quello che vediamo oggi è il risultato di questo tipo di pensiero. E i risultati parlano da soli.

La cultura della violenza

L’America oggi soffre di una cultura della violenza. Se è facile condannare l’aggressione contro il proprio vicino, è paradossale che la popolazione consegni a funzionari governativi, arbitrariamente e distrattamente, il potere monopolistico di aggredire la popolazione americana stessa praticamente a propria discrezione.

Siccome è lo stato che aggredisce, la maggioranza lo accetta come legittimo. Coloro che esercitano la forza non hanno alcun senso di colpa. Troppi ritengono che i governi siano moralmente giustificati ad aggredire, se il presunto obiettivo è “fare una buona cosa”. Credono, erroneamente, che questa autorità derivi dal “consenso della popolazione”. Le minoranze vittime della violenza statale non hanno mai acconsentito a subire l’abuso dei mandati governativi, anche quando questi mandati sono voluti dalla maggioranza. Le vittime degli eccessi della TSA non hanno mai acconsentito a questo abuso.

Questo stesso atteggiamento ci ha portato, inoltre, alla politica che prevede l’avvio di azioni di guerra non provocate, con la finalità di “fare del bene”. Si proclama che la guerra, per il nobile proposito di prevenire la guerra, è giustificata. Molti ricorderanno di quando ci sentimmo dire che “distruggere un villaggio per salvarlo” è giustificato. Un Segretario di Stato americano (Madeleine Albright, N.d.T.) ha affermato che la morte di 500.000 iracheni perlopiù bambini, a causa delle bombe e delle sanzioni americane negli anni ’90, è stato “un prezzo accettabile” per ottenere quanto di “bene” abbiamo portato al popolo iracheno. E guardate in quale situazione disastrata si trova l’Iraq oggi.

L’uso della forza statale per controllare il comportamento sociale ed economico in patria e all’estero fornisce giustificazione all’uso della forza da parte di individui, nei loro propri termini. Il fatto che la violenza da parte dello stato sia considerata moralmente accettabile, è la ragione per cui la violenza aumenterà quando la grande crisi finanziaria colpirà e diventerà una crisi anche politica.

Prima riconosciamo che è un dovere degli individui non dare inizio ad atti di violenza, poi concediamo allo stato l’autorità di farlo. Alla fine, l’uso immorale di violenza statale verrà portato a giustificazione del “diritto” di un individuo di fare la stessa cosa, quando le cose vanno male. Né lo stato né gli individui hanno il diritto morale di compiere atti di aggressione contro altri, però stiamo andando verso il giorno in cui entrambi reclameranno questa autorità. Se questo ciclo non viene invertito, la società andrà verso il collasso.

Quando le necessità si fanno pressanti, le condizioni di vita si deteriorano e i diritti diventano relativi alle pretese e ai capricci della maggioranza. Non è quindi un gran salto per alcuni individui arrivare ad usare la violenza per ottenere quello che ritengono essere loro. Quando l’economia va in crisi e aumentano le discrepanze di ricchezza, come già sta avvenendo, la violenza aumenta: alcuni sono spinti, a causa delle condizioni di bisogno, a decidere di prendersi da soli ciò che percepiscono essere loro diritto; non stanno ad aspettare un programma di aiuti di stato.

I funzionari del governo non provano alcun senso di colpa per i danni che provocano, quando esercitano potere sugli altri per andare in soccorso di interessi particolari, persino se questo comporta effetti disastrosi per il cittadino medio. Coloro che ci trascinano in guerre non dichiarate, con il risultato di molte perdite umane, non perdono mai il sonno a causa della morte e della distruzione causate dalle loro sciagurate decisioni. Sono convinti che quello che fanno sia moralmente giustificato e che la sofferenza di molti non possa essere evitata.

Quando i criminali di strada fanno la stessa cosa, anch’essi non hanno rimorsi e credono di prendere solo quello che è loro di diritto. Tutti gli standard morali diventano relativi. Che si tratti di salvataggi, privilegi, sussidi statali o vantaggi per pochi dall’inflazione della moneta, è tutto parte di un processo giustificato da una filosofia di redistribuzione forzosa della ricchezza. La violenza, o la minaccia di violenza, è lo strumento necessario e purtroppo questo preoccupa molto poco la maggioranza dei membri del Congresso.

Alcuni sostengono che è semplicemente una questione di “giustizia” curarsi di chi ha bisogno. Ci sono due problemi con questo. Primo, il principio è usato per fornire benefici in maggior quantità ai ricchi rispetto ai poveri. Secondo, nessuno sembra preoccuparsi di chiedersi se è giusto per quelli che finiscono per pagare tali benefici. I costi finiscono normalmente sulle spalle della classe media e sono nascosti alla vista pubblica. Troppe persone credono che le elargizioni statali siano gratis, come stampare denaro dal nulla, e che non ci siano costi. Questo inganno sta per giungere al capolinea. I conti da pagare sono in arrivo e il rallentamento dell’economia non è altro che questo.

Purtroppo, ci siamo abituati a convivere con l’uso illegittimo della forza da parte dello stato. E’ lo strumento per intimare alla gente come vivere, cosa mangiare e cosa bere, cosa leggere e come spendere i propri soldi.

Per sviluppare una società veramente libera, il problema dell’uso della forza, a fini non difensivi, deve essere capito e rifiutato. Permettere allo stato l’uso di una pur piccola quantità di forza è una concessione pericolosa.

Limitare gli eccessi del governo vs. una popolazione virtuosa e morale

La nostra Costituzione, tramite la quale si intendeva limitare il potere e l’abuso del governo, ha fallito. I Fondatori ci avvertirono che una società libera si fonda su una popolazione morale e virtuosa. La crisi attuale mostra che le loro premure erano giustificate.

La maggioranza dei politici e dei commentatori sono consapevoli dei problemi che abbiamo di fronte, tuttavia dedicano tutto il loro tempo a cercare di riformare il governo. Tristemente, le riforme proposte quasi sempre implicano minor libertà, mentre l’importanza di un popolo virtuoso e morale è ignorata, oppure non è capita. Le nuove riforme servono soltanto ad intaccare ulteriormente la libertà. Il loro effetto composto si evidenzia nella progressiva erosione della libertà e nella enorme espansione del debito. La vera domanda è: se è la libertà che cerchiamo, l’enfasi dovrebbe posta sulle riforme del governo, oppure sulla comprensione di cosa significa “un popolo virtuoso e morale” e come promuovere questa idea? La Costituzione non ha impedito che la popolazione chiedesse elargizioni per ricchi e poveri nella formulazione delle riforme, al tempo stesso ignorando i principi di una società libera. Tutte le branche del nostro governo oggi sono controllate da individui che usano il loro potere per scalzare la libertà e per accrescere lo stato sociale e militare – e, frequentemente, la loro personale ricchezza e il loro potere.

Se la gente è insoddisfatta dei risultati delle azioni di governo, si deve riconoscere che questo governo è meramente un riflesso di una società immorale, che ha respinto l’idea di uno stato morale con poteri limitati dalla Costituzione e ha respinto l’amore per la libertà.

Se è questo il problema, è chiaro che non sarà risolto cercando di risistemare migliaia di pagine di nuove leggi e regolamentazioni.

E’ evidente che la nostra libertà è stata severamente decurtata e che l’apparente prosperità di cui ancora godiamo non è altro che ricchezza residua di un tempo passato. Questa ricchezza fittizia, basata sul debito e su una fiducia malriposta nella nostra moneta e nella nostra solvibilità, manderà all’aria la nostra società quando i conti da pagare matureranno. Questo significa che le piene conseguenze della perdita di libertà devono ancora farsi sentire.

Ma l’illusione sta per finire. La possibilità di invertire la spirale all’ingiù sta nell’accettare un approccio nuovo.

Non possiamo aspettarci che sia un sistema scolastico controllato dal governo federale a fornire la dotazione intellettuale necessaria per combattere la pericolosa crescita dello stato, che minaccia le nostre libertà. Il movimento a sostegno della “scuola a domicilio”, oggi in rapida espansione, avrà un ruolo significativo nelle riforme rivoluzionarie per costruire una società libera, protetta dalla Costituzione.

Internet sarà l’alternativa al complesso governativo/mediatico che controlla i notiziari e quasi tutta la propaganda politica. Per questo è essenziale che Internet rimanga libera e non regolamentata.

Molte delle nostre istituzioni religiose e delle organizzazioni secolari alimentano la dipendenza dal governo tramite il loro sostegno a guerra, welfare e corporativismo, ignorando la necessità di una popolazione virtuosa. Non ho mai creduto che maggiore libertà, per il mondo o per il nostro paese, possa arrivare dai politici, se non è la popolazione a desiderare la libertà.

Nelle circostanze attuali, il massimo che possiamo sperare di ottenere dal processo politico è usarlo come un podio per raggiungere la popolazione, con l’obiettivo di rendere consapevoli quanti più possibile sulla natura della crisi e sull’importanza di assumersi la responsabilità di se stessi, se davvero si vuole essere liberi. Senza questa consapevolezza, una società libera, protetta dalla Costituzione, è impossibile da realizzare.

Se questo è vero, il nostro obiettivo individuale nella vita dovrebbe essere perseguire la virtù e l’eccellenza, riconoscendo che la stima di sé e la felicità si possono raggiungere solo usando le proprie naturali abilità, nella maniera più produttiva possibile, secondo il proprio personale talento.

Produttività e creatività sono le vere fonti di soddisfazione personale. La libertà, e non la dipendenza, crea l’ambiente adatto per raggiungere questi obiettivi. Lo stato non lo può fare per noi; non fa altro che mettersi di traverso. Quando lo stato si intromette, l’obiettivo diventa un salvataggio o un sussidio e questi non possono trasmettere un senso di realizzazione personale.

Il potere legislativo e l’influenza politica non dovrebbero essere i nostri obiettivi. Il cambiamento, se arriverà, non sarà portato dai politici, ma piuttosto da individui, famiglie, amici, leader intellettuali e istituzioni religiose. La soluzione può arrivare solo rifiutando l’uso di coercizione, costrizione, aggressione e imposizioni dello stato per plasmare il comportamento sociale ed economico. Se non si accettano questi limiti, inevitabilmente il consenso sarà quello di permettere allo stato di imporre l’uguaglianza economica e l’obbedienza a politici che acquisiscono potere soffocando le libertà di tutti. E’ così che gli individui responsabili, che perseguono eccellenza e stima di sé tramite l’autosufficienza e la produttività, diventano le vere vittime.

Conclusione

Quali sono oggi i maggiori pericoli di fronte alla popolazione americana e gli ostacoli all’obiettivo di una società libera? Ce ne sono cinque.

1. L’attacco continuo alle libertà civili, che minaccia i principi della legalità e la nostra capacità di opporre resistenza all’assalto della tirannia.

2. Il violento anti-americanismo che ha avvolto il mondo. Siccome il fenomeno di “blow-back” non è capito oppure è negato, la nostra politica estera è destinata a mantenerci coinvolti in molte guerre che non ci riguardano. I risultati saranno la bancarotta nazionale e una minaccia più grave per la nostra sicurezza nazionale.

3. La facilità con cui andiamo in guerra, senza una dichiarazione del Congresso, accettando però l’autorità internazionale delle Nazioni Unite o della NATO persino per guerre preventive, altrimenti note come aggressione.

4. Una crisi finanziaria e politica in conseguenza di debito eccessivo, impegni di spesa senza copertura, spese, salvataggi e grossolana discrepanza di distribuzione di ricchezza tra la classe media e i ricchi. Occorre comprendere l’insidia della pianificazione economica centrale da parte della Federal Reserve.

5. Un governo mondiale che soppianta la sovranità locale e nazionale intromettendosi in questioni di guerra, welfare, commercio, attività bancarie, moneta, tasse, proprietà privata e possesso privato di armi.

Fortunatamente, c’è una risposta a queste pericolosissime tendenze.

Che mondo meraviglioso sarebbe se tutti accettassero il semplice presupposto morale di rifiuto di ogni atto di aggressione! La replica a questo suggerimento è sempre la stessa: è troppo semplicistico, troppo idealistico, impraticabile, ingenuo, utopistico, pericoloso e irrealistico aspirare a questo ideale.

Per migliaia di anni l’accettazione dell’uso della forza per governare le popolazioni, col sacrificio della libertà, è stata considerata morale ed è stata ritenuta l’unica opzione possibile per avere pace e prosperità.

Cosa ci potrebbe essere di più utopistico di questo mito – considerando i risultati, specialmente pensando alle uccisioni ad opera dello stato, da parte di quasi tutti i governi del ventesimo secolo, stimate nell’ordine delle centinaia di milioni. E’ ora di riconsiderare questa concessione di autorità allo stato.

Nulla di buono può mai arrivare dal concedere allo stato il monopolio dell’uso dell’aggressione contro la popolazione per plasmare arbitrariamente il comportamento umano. Questo potere, se lasciato incontrollato, diventa il seme di una triste tirannia. Questo metodo di governo è stato ampiamente provato e i risultati sono a disposizione: la realtà ci detta di provare la libertà.

L’ideale di non aggressione, di rifiuto di tutto l’uso offensivo della forza, merita di essere provato. L’ideale della violenza concessa allo stato è stato abusato lungo tutta la storia ed è la fonte primaria di povertà e guerra. La teoria di una società basata sulla libertà individuale esiste da molto tempo. E’ ora di fare un passo coraggioso nella direzione di metterla in pratica, piuttosto che fare un passo indietro come alcuni vogliono. Oggi il principio di habeas corpus, stabilito quando il re Giovanni firmò la Magna Carta nel 1215, è sotto attacco.

Ci sono tutte le ragioni per pensare che invece possiamo far progredire la causa della libertà diffondendo un messaggio senza censure, anche tramite l’uso di Internet, che aiuti a mettere un freno all’autorità dello stato e all’ossessione per le guerre e il welfare.

Quello di cui parlo è un sistema di governo guidato dai principi morali di pace e tolleranza. I Fondatori erano convinti che una società libera non può esistere senza una popolazione morale. Il solo scrivere leggi non è sufficiente, se la popolazione poi sceglie di ignorarle. Oggi la legge scritta nella Costituzione ha poco significato per molti americani, in particolare per quelli che lavorano a Washington, D.C.

Benjamin Franklin disse: “solo una popolazione virtuosa è capace di libertà”. John Adams concordava: “La nostra Costituzione fu scritta per un popolo morale e religioso. E’ del tutto inadeguata per governare qualsiasi altro popolo.”

Un popolo morale deve rifiutare tutta la violenza usata ai fini di plasmare le abitudini della gente e ciò in cui crede. Una società che schernisce o ridicolizza la Regola Aurea (“tratta gli altri come vorresti essere trattato”, “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”, N.d.T.) non è una società morale. Tutte le grandi religioni sottoscrivono la Regola Aurea. Gli stessi standard morali richiesti agli individui dovrebbero essere applicati a tutti i funzionari del governo, senza esenzioni.

La soluzione non è nelle mani dello stato. La soluzione sta in ogni individuo, con l’assistenza della famiglia, degli amici, della comunità.

La responsabilità principale per ognuno di noi è cambiare noi stessi con la speranza che altri ci seguiranno. L’impegno a cambiare lo stato è secondario rispetto a promuovere una società virtuosa. Se riusciamo a fare questo, allora lo stato cambierà.

Ciò non significa che l’attività politica non abbia valore. A volte riesce a dare una spinta nella giusta direzione alle azioni del governo. Ma se si mira a cariche politiche inseguendo prestigio personale, denaro o potere, allora la politica diventa inutile se non dannosa. Se si intraprende attività politica per le ragioni giuste, diventa facile capire perché il compromesso è da evitare. Diventa chiaro, inoltre, perché il modo migliore per fare progressi è lavorare tramite coalizioni, che avvicinano le persone, senza che nessuno debba sacrificare i suoi principi.

Affinché l’attività politica sia realmente positiva, deve essere diretta a cambiare il cuore e le menti delle persone, riconoscendo che sono la virtù e la moralità della popolazione a permettere il fiorire della libertà. La Costituzione o altre leggi di per sé non hanno alcun valore se non cambia l’atteggiamento della popolazione.

Per avere libertà e pace, devono essere superate due potenti emozioni umane. La prima è “invidia”, che porta all’odio e alla lotta di classe. La seconda è “intolleranza”, che porta a misure fanatiche e malevole. Queste emozioni devono essere rimpiazzate da una comprensione migliore di cosa sono compassione, tolleranza ed economia di libero mercato. La libertà, quando è capita, avvicina le persone. Se si sperimenta la libertà, la libertà diviene popolare.

Il problema, ormai da molti anni, è che gli interventisti in ambito economico sono dominati dall’invidia, mentre gli interventisti in ambito sociale sono dominati dall’intolleranza verso abitudini e stili di vita. (La motivazione addotta per tradurre in legge certi standard morali, negando la libertà di scelta individuale, sorge dall’equivoco che la tolleranza verso certe abitudini sia equivalente ad approvarle.) Entrambe le parti usano la forza per dare sfogo a queste emozioni fuori luogo. Entrambe sono autoritarie. Nessuna delle due appoggia il volontarismo. Le visioni di entrambe meritano di essere respinte.

Dopo tutti questi anni alla ricerca della “semplice verità delle cose”, sono giunto ad una ferma convinzione: la via migliore per avere pace e prosperità, per il maggior numero di persone nel mondo, è abbracciare la causa della libertà.

Se trovate che questo sia un messaggio di valore, diffondetelo ovunque possiate.