17 febbraio 2014

Ogni tanto scoppia una polemica tra libertari e qualche tipo di non libertari. Questi scontri sono stimolanti e spesso divertenti occasioni intellettuali per ribadire alcuni punti cardine della filosofia libertaria. Recentemente c'è stato grande clamore attorno a Walter Block, un ennesimo esempio di come il conformismo politically correct non esiti a ricorrere alle più plateali calunnie.

L'antefatto

Il 25 gennaio 2014 è apparso sul New York Times un lungo articolo su Rand Paul, articolo ovviamente molto critico nei confronti del senatore del Kentucky figlio di Ron Paul e probabile candidato alle primarie presidenziali del partito repubblicano nel 2016. Il New York Times è il principale organo di stampa vicino al partito democratico ed è da sempre particolarmente entusiasta verso ogni argomento statalista.

Rand Paul esprime idee solo molto pallidamente e superficialmente simili a quelle del padre. Non ne possiede la solidità intellettuale e morale, finendo per trovarsi sballottato tra la necessità di non perdere la base libertaria di Ron Paul e le sirene del potere politico. Tra l'altro, i più entusiasti sostenitori di Ron Paul sanno bene cosa fece Rand durante la  campagna presidenziale del 2012 e semplicemente non lo possono vedere (io tra loro).

Nell'articolo, Rand Paul è accostato alle idee del padre (non si contano gli avvertimenti a Rand Paul del tipo "se non rinneghi le idee di tuo padre non hai speranze a Washington" da parte sia neocon che democratica). Di conseguenza, la critica a Rand Paul diventa un'ulteriore occasione per mettere in cattiva  luce tutto ciò che è genuinamente libertario. Come nota positiva, sono citati molti libertari e addirittura il Mises Institute (la cattiva pubblicità è pur sempre pubblicità) e il trattamento vergognoso riservato ai libertari da parte del New York Times è stato definito da Lew Rockwell, in tutta sincerità, come una "medaglia all'onore".

Tra i libertari le cui idee e parole sono distorte all'inverosimile nell'articolo spicca, per la gravità delle accuse mosse, Walter Block. Block, professore di economia alla Loyola University di New Orleans, è una colonna portante tra le figure libertarie di oggi. Non è esattamente simpaticissimo; spesso tocca argomenti sgradevoli non sempre al momento giusto; è famoso per portare la logica libertaria alle sue conseguenze più lontane dal sentire comune, dicendo cose giuste ma talmente radicali che i non-libertari facilmente possono concludere che dica cose assurde. La sua opera più nota in questo senso è "Defending the Indefendable", in cui mostra che tante professioni svilite e vituperate non sono in realtà per nulla intrinsecamente malvagie (al contrario di alcune professioni tenute in alta considerazione).

Le trite e ritrite accuse ai libertari: razzismo e schiavismo

Una delle accuse (o meglio, calunnie) di cui spesso sono tacciati i libertari è quella di razzismo. L'accusa di razzismo funziona sempre; basta la parola e la gente superficiale inorridisce e non pensa nemmeno che sia il  caso di approfondire per capire come stanno veramente le cose; la scusa "si tratta di razzisti" è presa al volo come giustificazione per non pensare.
I libertari a stento trattengono un sorriso perplesso di fronte all'accusa di essere razzisti. Infatti, il libertarismo implica una visione individualista dell'uomo e della società, mentre per essere razzisti è indispensabile avere una visione collettivista. Solo chi giudica in base all'appartenza a qualche gruppo (collettivo) può essere razzista, per definizione. Chi giudica e sostiene il valore di ogni  essere umano in quanto individuo, in quale senso può essere "razzista"?

L'accusa di razzismo si basa sulla distorsione (come è solito) di un principio libertario; infatti, i libertari sono contrari a qualsiasi forma di legge anti-discriminazione, qualsiasi affirmative action, in quanto si tratta di norme in realtà discriminatorie  che attaccano i diritti individuali. Sì, i libertari affermano che, sulla propria proprietà privata, sia diritto di ognuno applicare qualsiasi discriminazione, anche sul colore della ... maglietta. E' un principio ovvio a tutti quando si parla della propria casa; per i libertari dovrebbe essere esteso anche alle proprie attività, vale a dire, per citare il caso più significativo, ad esempio nella scelta di dipendenti, clienti, fornitori. I libertari sono in grado di mostrare con la logica che  è proprio applicando principi di difesa del diritto di proprietà privata di ognuno che si creano le migliori condizioni per la coesistenza pacifica e proficua tra individui di diversa razza, religione o lingua o qualsiasi altra cosa.

Inoltre, è noto che i libertari "simpatizzano" per i sudisti nella Guerra di Secessione, mentre ancora molti sono convinti che si trattò di una guerra sulla schiavitù. Anche recentemente, la propaganda pro-Lincoln non si è fermata di fronte alle più plateali bugie nel noto film di Spielberg. Thomas DiLorenzo è uno storico libertario autore di molti libri su Lincoln e la Guerra di Secessione, tra cui The Real Lincoln. Nelle sue opere argomenta che la Guerra nulla aveva a che  fare con la schiavitù e tutto con il diritto alla Secessione appunto, ovvero alla auto-determinazione dei popoli contro il potere statale centralizzato; Lincoln espresse più volte il suo favore alla schiavitù e il suo razzismo (cioè affermò che i neri sono una razza inferiore); il perdurare della schiavitù nel sud era dovuto in non piccola misura a leggi approvate dal governo federale, ossia da Lincoln. Il potere dello stato centralizzato è un argomento molto più caro ai presidenti rispetto alla schiavitù. La schiavitù fu semplicemente il pretesto.

La prefazione a The Real Lincoln porta la firma di Walter Williams, un altro libertario. Tra le "brillanti teste pensanti", ovviamente politically correct, scandalizzate dal libro di Di Lorenzo c'è chi ha accusato Williams di essere un "sostenitore della supremazia bianca". Deve aver parlato senza conoscerlo, visto che Walter Williams ricorda molto ... Bill Cosby. Non solo è nero, ma è un intellettuale che dedica la sua vita e la sua opera alla situazione dei neri in  America. Però lui è giunto alla conclusione che i neri sono meglio difesi non dalle leggi cosiddette anti-discriminazione, bensì dall'inviolabilità dei diritti individuali. Non è certo il solo, il movimento libertario comprende moltissimi neri (simpaticissimo un tale TMOT, che chi ha voglia può scoprire su YouTube).

Un breve accenno anche alle note accuse di razzismo rivolte a Ron Paul durante le sue campagne presidenziali.  Scavando scavando, tutto ciò di negativo che è venuto fuori su Ron Paul sono alcune frasi scritte su una Newsletter  da lui edita  alla fine degli anni '80 (!), le quali sono tacciate di razzismo. Da allora questa cosa è stata incessantemente rinfacciata a Ron Paul. Non conta che le frasi non le abbia scritte lui, e che se quelle sono frasi razziste si può accusare di razzismo praticamente chiunque. Non conta che Ron Paul abbia parlato innumerevoli volte di razza e razzismo, anche prima di diventare famoso,  esprimendo coerentemente sempre le stesse bellissime idee che nessuno si sognerebbe di definire razziste. Non conta che siano emersi diversi neri che l'hanno conosciuto quando faceva il medico in Texas dicendo "E' l'unico che mi ha aiutato e trattato in modo umano", tra l'altro affermazioni perfettamente credibili per chi conosce Ron Paul, del tutto in linea con le sue idee e la sua vita. Come nota positiva, per chi conosce bene Ron Paul le accuse di razzismo sui media di mainstream non fanno che stimolare l'insorgere di un sano scetticismo verso i media di mainstream stessi.

Walter Block, il New York Times e la reazione della Loyola University

E veniamo al punto in questione, cioè le accuse a Walter Block. Il New York Times lo accusa di aver detto che "la schiavitù non era poi così male". Il trucco è facile e sempre lo stesso: basta prendere delle frasi fuori dal loro contesto. In questo caso l'accusa è veramente ridicola: nessuna filosofia come il libertarismo è contraria alla schiavitù, per definizione. Non solo è contraria alla schiavitù "conclamata", ma è contraria ad ogni tipo di aggressione coercitiva contro chi non è colpevole di aggressione. Il concetto che Walter Block ha espresso è che la malvagità della schiavitù non consiste nel lavoro (si può lavorare duro anche senza essere schiavi), ma è il fatto di essere coercitiva. La schiavitù è un male anche se gli schiavi sono trattati bene, non obbligati a lavoro eccessivamente duro, ben nutriti ed accuditi. E' un principio basilare del tutto evidente agli  schiavi di ogni epoca.

Walter Block ha scritto una replica all'articolo del New York Times e ha preso in considerazione l'idea di un ricorso per diffamazione. Ma non è bastato. La reazione all'articolo all'interno della Loyola University è stata devastante. Il Rettore ha preso pubblicamente le distanze da Block. Molti colleghi professori hanno firmato una petizione in cui si condannano duramente le idee che Block avrebbe espresso.

A questo punto si è scatenata però la replica libertaria. Sono fioccate lettere indignate al Rettore in difesa di Walter Block. Ne includo due, quella di Thomas Woods e quella di Larry Beane, un pastore luterano che risiede anche lui in Luisiana, probabilmente neanche libertario. Entrambi sono categorici nell'accusare il Rettore di avere motivi non dicharati, in quanto è palesemente impossibile che egli abbia equivocato le idee di Block. Woods si chiede quanti, tra quelli che sono così pronti a dichiararsi contro la schiavitù senza neanche sapere bene cos'è la schiavitù né perché rimase diffusa così a lungo in America, sarebbero stati così pronti a sostenere la stessa cosa quando la schiavitù era legale ed era sostenuta dalla grande maggioranza dei votanti americani. Walter Block sarebbe stato contro la schiavitù anche quando esservi contrari non era l'idea convenzionale.

Thomas Woods quando si arrabbia, specialmente verso altri cattolici, è fulminante e uno spasso da leggere.
Ecco la sua lettera al Rettore della Loyola University, che come si può indovinare è una università gesuita. Il Rettore è un prete gesuita.

 

Thomas Woods: La mia lettera al Rettore della Loyola University, New Orleans
10 Febbraio 2014     

Caro Dott. Wildes,

senza dubbio avrà già ricevuto molta corrispondenza su Walter Block. Non ripeterò i punti principali, sicuramente le saranno già familiari.

Vorrei dire che mi sembra impossibile credere che Lei, un uomo intelligente, creda alla Sua stessa interpretazione delle frasi di Walter al New York Times. Lei fa notare che il commento di Walter sulla schiavitù sembra in contraddizione con i principi libertari. Non mi dica! Potrebbe forse essere che il Times, che disprezza le idee di Walter, abbia distorto le sue parole?

Un rettore d'università dovrebbe dare sostegno alla sua facoltà in un caso come questo, in cui sa benissimo che un professore è stato grottescamente mal rappresentato. Se si trattasse di una interpretazione accurata delle idee di Walter, perché egli starebbe pensando ad un ricorso per diffamazione?

Se Walter fosse stato un professore di sinistra accusato di stalinismo, Lei sarebbe stato così così veloce a condannarlo? La domanda si risponde da sola.

Ecco perché è impossibile credere che tutto questo abbia a che fare con le frasi di Walter. Lei non è stupido. Lei conosce Walter e sa qual è la sua posizione. Walter certo non ha mai tenuto segreti i suoi punti di vista. Lei gli doveva di più e l'ha deluso.

Sì, è vero, Lei si è premurato di rassicurare la comunità universitaria che le sue posizioni sono quelle convenzionali e rispettabili, e Lei non è da confondersi con Walter Block. Lo sappiamo.

Alcuni della sua facoltà, che avrebbero dovuto essere rimproverati invece che implicitamente congratulati, hanno trattato Walter con modi altrettanto poco caritatevoli.

Dal momento che la sostanza della Sua (e della loro) posizione è già stata trattata altrove, vorrei esporre alcune considerazioni rilevanti.

1. Quanti professori della Loyola University possono dire che ci sono studenti che si immatricolano al fine dichiarato di studiare con loro?
2. Quanti professori della Loyola University possono dire di aver scritto articoli accademici con i loro studenti - non una o due volte, ma dozzine di volte?
3. Quanti professori della Loyola University hanno un pubblico talmente ampio da rendere rilevante che essi sollecitino gli studenti a frequentare la Loyola, come fa Walter costantemente?
4. Quanti professori della Loyola University hanno pubblicato più di 400 articoli peer-reviewed?
5. Per quanti professori della Loyola University qualcuno in tutto il paese alzerebbe un singolo dito?
6. Oh, e quanti, tra i professori della Loyola University che accusarono assurdamente Walter di "sessismo" per aver negato che la "discriminazione" possa spiegare la differenza di salario tra uomini e donne, ebbero il coraggio di affrontare Walter in un dibattito aperto? (la loro decisione di non dibattere con Walter è un effimero segno di intelligenza in loro)

Sì, sì, ho ricevuto il messaggio: la vostra facoltà è contro la schiavitù. Quale coraggio deve essere stato necessario raccogliere per svelare al mondo nel 2014 la propria opposizione alla schiavitù!
Ma mi chiedo: la stessa gente che con ostentazione annuncia la sua opposizione alla schiavitù nel 2014 avrebbe avuto il coraggio di opporsi alla schiavitù quando contava - diciamo, nel 1850? Ho i miei dubbi che persone così ansiose di far sapere al mondo delle loro opinioni convenzionali e di come si sentano inorridite e offese dagli eretici, sarebbero state il tipo di persone ad opporsi alle opinioni convenzionali in un'epoca in cui il 2% dell'elettorato americano sosteneva un partito abolizionista.

Quello che so di sicuro è che Walter Block si sarebbe opposto alla schiavitù, con armi, bagagli e tutto quanto.

Il fatto che Lei abbia semplicemente ripetuto la caratterizzazione di Walter Block fatta dal New York Times, senza nemmeno concedere, come invece il Times ha fatto, che Walter sostiene che la schiavitù fosse sbagliata perché involontaria - cosicché l'atteggiamento da Lei mostrato è peggiore di quello del Times, un risultato non facile da ottenere - è sconcertante e inquietante da parte di un rettore di università, o anche da parte di un qualsiasi essere umano.

Per molto a lungo dopo che tutti i nomi su quella lista di critici di Walter saranno stati completamente dimenticati, l'opera di Walter continuerà ad istruire nuove generazioni ai principi di libertà. Nessuno ricorderà i pigmei che lo attaccarono per dispetto o per invidia.

Cordialmente,
Thomas E. Woods, Jr., Ph.D.

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Ed ecco alcuni stralci dalla lettera di Larry Beane allo stesso rettore.

 
Caro Padre Wildes,

Le scrivo riguardo allo scandalo che ha investito il dottor Walter Block. Le scrivo in qualità di vostro collega, uno dei vostri "fratelli separati" a New Orleans. Sono un pastore luterano che ha avuto la benedizione di frequentare un liceo gesuita.  Inoltre appartengo ad una società religiosa luterana il cui motto "Ad majorem Dei gloriam” è anche motto della Società di Gesù.

Mi sembra che la maggioranza dei gesuiti sia in qualche modo di orientamento politico a sinistra, capisco che questa sia una generalizzazione. Credo inoltre che i gesuiti siano intelligenti, eruditi, dedicati all'eccellenza accademica e devoti a Nostro Signore e alla sua Chiesa. Di nuovo, questa è la mia esperienza e credo fermamente che si tratti della norma tra i gesuiti.

Mi rivolgo a Lei in quanto gesuita, prete, accademico e gentiluomo cristiano.

Come il dottor Block ha detto molto chiaramente nella sua spiegazione in replica all'articolo del 25 gennaio sul New York Times, egli non ritiene certo che la schiavutù fosse, o sia, "non così male". I gesuiti e i dottorati ovviamente comprendono cosa siano contesto, iperbole e ironia.

Nostro Signore ha usato iperbole e ironia molte volte, inclusa l'ammonizione a "non chiamare nessuno 'padre' sulla terra" (Matteo 23:9). [...]

I commenti del dottor Block sulla schiavitù "non così male" sono facilmente identificabili come ovviamente ironici e iperbolici sulla base di due osservazioni che chiunque con un minimo di abilità di lettura e una pur minima dose di imparzialità accademica può notare: 1) la citazione include la frase su "essere nutriti con succulento porridge". Il porridge non è "succulento". Questa è ironia bell'e buona. 2) Il dottor Block è un libertario devoto al principio di non aggressione (NAP). Questa filosofia è antitetica alla schiavitù a tal punto che qualsiasi violazione del NAP o dei diritti di proprietà (inclusa la tassazione) è condannata in quanto schiavitù. Il punto sollevato dal dottor Block è che quello che rende la schiavitù abominevole non è il lavoro in se stesso. Il lavoro manuale non è degradante né disonorevole. Piuttosto il problema della schiavitù è la sua natura involontaria. Questo dovrebbe essere assiomatico e auto-evidente a chiunque appartenga ad un ambiente universitario.

A meno che non ci siano ulteriori fini. Accusare il dottor Block di essere a favore della schiavitù è come accusare Ignazio da Loyola di essere anti-papista o Lenin di essere anti-comunista. E' così ridicolo da essere confutato in se stesso.
[...]

Il dottor Block, ebreo e ateo, non solo è  tollerante verso mia moglie, mio figlio e me, verso cristiani di altre chiese, verso ebrei e altri che frequentano i suoi seminari; egli è gentile, incoraggiante, piacevole, aperto, accogliente e affettuoso in modi che riflettono gli ideali cristiani, gesuiti e accademici alla base della Loyola University. [...]  Io credo che il dottor Block sia trattato scandalosamente e vergognosamente da Lei e da altri all'università non perché egli sia in alcun modo razzista o a favore della schiavitù umana, ma a causa della vostra intolleranza di opinioni politiche e sociali che divergono troppo dall'ideologia politicaly-correct di sinistra. La mancanza di rispetto per la diversità di opinione non è infrequente nei campus universitari e io credo sia questo il tema.

Di sicuro, le frasi del dottor Block e la loro distorsione presentano un problema per Lei in quanto amministratore. Lei è di fronte ad una scelta: difendere un uomo che è stato diffamato tramite retorica emotiva e ingannevole, oppure consegnarlo al linciaggio (in opposizione agli ideali cristiani e gesuiti di libertà accademica e imparzialità verso gli individui [...]).

Ponzio Pilato si trovò di fronte ad una scelta dello stesso tipo. Sapeva che Nostro Signore era innocente. Disse "Ecce homo" alla folla nel tentativo di metterla di fronte all'umanità della loro Vittima. Alla fine, Pilato agì in modo opposto a ciò che sapeva essere giusto, lavandosi le mani e permettendo che Nostro Signore venisse crocifisso. Noi ricordiamo la sua codardia e la sua slealtà ogni volta che recitiamo il Credo.

Le chiedo di elevarsi al di sopra del facile e conveniente atteggiamento di Pilato. Chiedo a Lei di essere di essere l'uomo che fa visita al dottor Block nel suo ufficio, gli stringe la mano e gli chiede perdono. Chiedo a Lei di essere l'uomo, di essere il sacerdote che non si piega alla folla e difende l'onore di un uomo a cui è stato fatto un torto. [...]

La dice lunga il fatto che nessuno sfidi il dottor Block sul principio di non aggressione o sulla teoria libertaria dei diritti di proprietà, ma invece si cerchi di "vincere" il dibattito attraverso l'appello alle emozioni e sulla base di una distorta caratterizzazione della sua posizione seguita da pressione politica.
Questo davvero non si addice al popolo di Dio.
[...]

Rev. Larry L. Beane II

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Per la cronaca, Walter Block ha detto in seguito che perdonerebbe il rettore con gioia e di aver fatto, in vita sua, errori molto più grossi della sbagliata interpretazione delle sue parole da parte di padre Wildes.