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su LewRockwell.com, 29 gennaio 2015

Uno splendido discorso di Lew Rockwell su secessione e "libertarismo di regime"

Llewellyn H. Rockwell, Jr.
Discorso pronunciato al Mises Circle di Houston, Texas, il 24 Gennaio 2015

Da 150 anni l'idea di secessione è costantemente demonizzata tra il pubblico americano. Le scuole pubbliche imbastiscono favole sull'"Unione indivisibile" e sugli statisti saggi che combatterono per preservarla. La decentralizzazione è dipinta come rozza e retrograda, mentre il nazionalismo e la centralizzazione sono fatti apparire progressisti e inevitabili. Quando un'unità politica più piccola desidera separarsi da una più grande, le sue ragioni sono sempre riprovevoli e meschine, mentre le motivazioni del potere centrale, il quale cerca di mantenere quell'unità in una configurazione non voluta, sono dipinte come altruistiche e patriottiche, le rare volte che sono prese in considerazione.

Come al solito, le campagne di disinformazione sono pensate per fare sembrare pericolose e velenose le idee potenzialmente liberatrici, convogliando il messaggio che chiunque desideri accettazione e popolarità dovrebbe stare alla larga da qualunque cosa sia stata condannata dal regime, in questo caso la secessione. Però, quando mettiamo da parte la propaganda, scopriamo che il sostegno alla secessione significa semplicemente questo: è moralmente illegittimo adoperare la violenza dello stato contro gli individui che scelgono di raggrupparsi in modo differente da come il regime esistente ha scelto di raggrupparli. Essi preferirebbero vivere sotto una giurisdizione diversa. I libertari considerano inaccettabile l'aggressione contro di loro a causa di questo.

Non si può dire che il principio libertario di secessione sia abbracciato con entusiasmo dagli individui e dalle istituzioni che io definisco "libertari di regime". Sebbene costoro tendano a essere localizzati dentro e attorno alla Beltway, il libertarismo di regime trascende la localizzazione geografica, il che costituisce il motivo per cui ho coniato questo particolare termine per descriverlo.

Il libertario di regime crede nell'economia di mercato, più o meno. Ma parlategli della Federal Reserve o della teoria austriaca del ciclo economico e diventerà irrequieto. La sua rivista o il suo istituto inviterebbero più volentieri Janet Yellen per un cocktail esclusivo piuttosto che Ron Paul per un discorso.

Il libertario di regime ama l'idea di riforma - che si tratti di Federal Reserve, di leggi fiscali, scuole pubbliche, qualsiasi cosa. Egli rifugge l'idea di abolizione. Che volete, quella proprio non è rispettabile! Passa il suo tempo proponendo questa o quella iniziativa di "riforma fiscale", invece di semplicemente premere per l'abbassamento o l'abrogazione di tasse esistenti. E' troppo difficile essere un libertario quando si tratta di leggi anti-discriminazione, dato la quantità di attacchi a cui sarebbe soggetto, quindi egli si schiererà con i progressisti di sinistra su questo tema, anche se è completamente incompatibile con i suoi principi dichiarati.

Egli è contro la guerra - qualche volta, ma certamente non come principio generale. Si può fare affidamento su di lui per il supporto alle guerre che hanno definito nella pratica il regime americano, e che sono ancora popolari tra il pubblico generico. Brinda in felice accordo con i sostenitori delle guerre più vergognosamente ingiuste, ma gli ribolle il sangue in oltraggio morale verso qualcuno che ha raccontato una barzelletta a sfondo razziale 25 anni fa.

Credo possiate indovinare qual è la posizione del nostro libertario di regime sulla secessione. Sin da quando il moderno regime americano è emerso dalla soppressione violenta del tentativo di secessione di undici stati, anch'egli è contro la secessione. Se messo all'angolo, con riluttanza può appoggiare la secessione ad un livello teorico, ma in pratica egli generalmente sembra a favore solo di quegli atti di secessione che hanno l'approvazione o la connivenza della CIA.

Accennate alla secessione, e l'argomento immediatamente si volgerà alla Confederazione sudista, le cui enormità morali sono subito denunciate dal libertario di regime, insinuando che i sostenitori della secessione stiano chiudendo gli occhi su quelle enormità. Però, ogni libertario degno di questo nome si oppone ad ogni appoggio governativo a schiavitù, centralizzazione, nazionalismo, inflazione, coscrizione, tassazione, soppressione di libertà di parola e di stampa. Non c'è bisogno di dirlo.

Non dovremmo essere sorpresi da questo tipo di accuse, comunque. Accusare i libertari di simpatia per la schiavitù perché si oppongono alle guerre di centralizzazione è il cugino intellettuale del proclama del regime, molto familiare, per il quale chi si opponeva alla guerra in Iraq doveva essere un sostenitore di Saddam Hussein, o chi si opponeva all'intervento americano nella Prima Guerra Mondiale non era altro che un ammiratore del Kaiser. Ci aspettiamo puerili assurdità come queste dai neoconservatori e dal regime stesso. Quando emergono dalla penna di presunti libertari, questo svela molto di più su di loro e sulle loro lealtà di quanto dica su di noi.

La tradizione di supporto alla secessione del liberalismo classico, o del libertarismo, può vantare luminari quali Alexis de Tocqueville, Richard Cobden e Lord Acton, tra molti altri. Vorrei aggiungere altre due figure: nel diciannovesimo secolo, Lysander Spooner, e nel ventesimo secolo, Frank Chodorov.

Spooner presenta un problema serio per i libertari di regime. Tutti i libertari riconoscono la grandezza e l'importanza di Spooner. Il problema è che Spooner era un secessionista dichiarato.

Lysander Spooner nacque in Massachusetts nel 1808, divenne un avvocato, un imprenditore e un teorico politico. Riteneva che la vera giustizia sia non tanto una questione di rispetto delle leggi emanate dall'uomo, quanto il rifiuto dell'aggressione contro individui pacifici. La sua American Letter Mail Company fece concorrenza con successo al servizio postale di stato, offrendo un servizio migliore a prezzi più bassi, fino a quando il governo non lo forzò a chiudere nel 1851.

In No Treason, una collezione di tre saggi, egli argomentò che la Costituzione, non essendo stata concordata da nessuna persona vivente, ed essendo stata approvata espressamente solo da un piccolo gruppo, non può essere vincolante per nessuno.

In un'opera intitolata The Unconstitutionality of Slavery, Spooner scrisse che la chiave interpretativa primaria per capire la Costituzione sia quello che oggi noi chiamiamo il "significato originale". E' diverso dalla "comprensione originale", il concetto a cui fanno riferimento figure quali Robert Bork e Antonin Scalia; secondo questo concetto, dovremmo interpretare la Costituzione in accordo all'intento originale di coloro che scrissero e ratificarono quel documento. Spooner rifiutò questo principio.

Quello che conta, secondo Spooner, non è l'inperscrutabile "intenzione" dietro a questo o quel passaggio o parola, ma piuttosto il semplice significato del passaggio stesso. Inoltre, dato che la libertà umana è un mandato della legge naturale, ogni volta che il linguaggio costituzionale appaia in senso contrario al principio di libertà, dovremmo preferire qualche altro significato delle parole in questione, persino se occorre un piccolo strappo per farlo, persino se l'interpretazione anti-libertà è la lettura più naturale.

Quindi Spooner poteva affermare, contrariamente alla maggioranza degli abolizionisti, che la Costituzione fosse di fatto un documento anti-schiavitù, e che i riferimenti obliqui e sfuggenti alla schiavitù - una parola mai usata nella Costituzione - non dovessero necessariamente avere il significato comunemente attribuito loro. Frederick Douglass, il celebre ex-schiavo che diventò scrittore e oratore abolizionista, adottò l'approccio di Spooner nel suo stesso lavoro.

L'attività anti-schiavitù di Spooner andò ben oltre questo esercizio in esegesi costituzionale. Egli fornì aiuto legale, qualche volta pro bono, agli schiavi fuggitivi, e propose il principio di jury nullification per difendere gli schiavi fuggitivi nelle corti di giustizia. Il suo "Piano per l'abolizione della schiavitù" del 1858 invocava l'insurrezione nel Sud, oltre ad altre misure minori quali la fustigazione dei padroni di schiavi che usavano la frusta essi stessi, e incoraggiava gli schiavi a confiscare la proprietà dei loro padroni. L'approccio di Spooner si basava su quattro principi, enunciati nell'introduzione al suo piano:

  1. Che gli schiavi hanno un diritto naturale alla loro libertà.
  2. Che essi hanno un diritto naturale alla compensazione (per quanto la proprietà dei proprietari di schiavi e dei loro correi può compensarli) per i torti che hanno subito.
  3. Che fin quando il governo, sotto il quale vivono, rifiuta di dar loro libertà o compensazione, essi hanno il diritto di prenderle con lo stratagemma o con la forza.
  4. Che è il dovere di tutti, se ne hanno la capacità, assisterli in tali azioni.

Spooner fu anche un sostenitore di John Brown; raccolse fondi e formulò un piano per rapire il governatore della Virginia fino a quando Brown fosse rilasciato.

In altre parole, sarebbe veramente arduo negare la dedizione di Spooner alla causa contro la schiavitù.

E tuttavia, ecco Spooner sulla cosiddetta Guerra Civile:

“Da parte del Nord, la guerra fu portata avanti non per liberare gli schiavi, bensì da un governo che aveva sempre distorto e violato la Costituzione per mantenere gli schiavi sottomessi e che era disposto a continuare a farlo, se in tal modo avesse potuto indurre i proprietari di schiavi a rimanere nell'Unione".

Ludwig von Mises ci diede una espressione concisa sulla secessione, del punto di vista libertario, quando disse: "Nessun popolo, nessuna parte di un popolo dovrebbe essere mantenuta contro la propria volontà in un'associazione politica che non vuole". Semplice.

Secondo Spooner, il regime americano combattè la guerra a difesa del principio opposto. "Il principio, sul quale la guerra fu combattuta dal Nord, era semplicemente questo: Che gli uomini possono essere legittimamente obbligati a sottomettersi a un governo che non vogliono, e a supportarlo; e che la resistenza, da parte loro, li rende traditori e criminali".

Spooner continuava:

Nessun principio possibile da nominare può essere più auto-evidentemente falso di questo; né più auto-evidentemente fatale per tutta la libertà politica. Tuttavia trionfò sul campo, e oggi si assume sia stabilito. Se fosse realmente stabilito, il numero di schiavi, invece di essere stato ridotto dalla guerra, sarebbe stato fortemente aumentato; poiché un uomo, così soggetto ad un governo che non vuole, è uno schiavo. E non c'è differenza in principio - ma solo in grado - tra schiavitù politica e schiavitù conclamata. La prima, non meno della seconda, nega all'uomo la proprietà di se stesso e dei prodotti del suo lavoro; asserisce che altri uomini possono possederlo e disporre di lui e della sua proprietà, per i loro usi e a loro piacere.

Spooner si riferiva al regime di Lincoln e alla mitologia nordista sulla guerra, alle sue presunte nobili cause. Queste ultime erano tutte "imbrogli rozzi, spudorati, trasparenti - così trasparenti che non avrebbero dovuto ingannare nessuno", diceva.

Secondo la logica dei libertari di regime, Spooner era un "neo-confederato" difensore della schiavitù - dopo tutto, difendeva il diritto degli stati del sud a staccarsi dall'Unione! Quale altra motivazione avrebbe potuto avere? Ma questo è troppo assurdo anche per loro.

Spooner aveva ragione su tutto questo, non c'è bisogno di dirlo. La guerra in realtà fu voluta non per liberare gli schiavi, come deve riconoscere qualsiasi storico, bensì al servizio di misticismo - come, la sacra "Unione" deve essere preservata! - e al servizio di interessi economici. Il libertario di regime si aspetta che noi crediamo che l'analisi da noi stessi applicata a tutte le altre guerre, in cui guardiamo alle vere motivazioni dietro a quelle ufficiali, non si applichi a questa singola, gloriosa eccezione al catalogo di crimini che è la storia delle esperienze dell'umanità con l'aggressione militare.

Dedichiamoci ora alla seconda figura libertaria che ho scelto di discutere oggi. Frank Chodorov è stato uno dei grandi scrittori della "Vecchia Destra". Il Liberty Fund pubblicò una collezione dei suoi scritti, Fugitive Essays. Il Mises Institute ha portato quattro dei suoi libri di nuovo in stampa: Out of StepRise and Fall of SocietyOne Is a Crowd e Income Tax Root of All Evil. Chodorov fondò quella che allora si chiamava Intercollegiate Society of Individualists e lavorò come curatore di Human Events, dove la presenza dagli inizi di Felix Morley assicurò che le voci non interventiste, almeno inizialmente, avrebbero avuto ascolto. Murray N. Rothbard considerava la pubblicazione mensile di Chodorov, Analysis, una delle migliori pubblicazioni indipendenti nella storia americana.

Naturalmente, Chodorov difendeva sia la secessione sia i "diritti degli stati". Egli pensava che ogni scolaro dovesse "acquisire familiarità con la storia e la teoria di ciò che chiamiamo diritti degli stati, ma che in realtà è la dottrina dell'autodeterminazione".

Ralph Raico, il grande storico libertario e associato senior del Mises Institute, ha documentato come l'ordine politico decentralizzato in Europa rese possibile l'emergere della libertà. La mancanza di una singola autorità che unisse l'Europa, e al contrario una vasta molteplicità di piccole giurisdizioni, pose un limite rigoroso alle ambizioni di ogni specifico principe. La possibilità di spostarsi da un posto all'altro significava che un principe avrebbe perso la sua base fiscale, se la sua oppressione fosse cresciuta fino ad essere intollerabile.

Chodorov fece la stessa osservazione:

Quando l'individuo è libero di trasferirsi da una giurisdizione all'altra, è posto un limite a quanto il governo può usare il suo monopolio di potere. Il governo è tenuto a freno dalla paura di perdere i cittadini che pagano tasse, proprio come la perdita di clienti tende a frenare altri monopoli dal diventare troppo arroganti.

Chodorov fece notare che, negli anni che portarono al New Deal nel 1933, vari stati si erano avventurati in esperimenti quasi-socialisti. Citò la legge del Wisconsin, approvata all'inizio della Depressione, che obbligava i ristoranti a servire due once di formaggio prodotto in Wisconsin ad ogni pasto, il cliente lo volesse o meno. Citò la piattaforma del partito Farm-Labor, che salì alla ribalta in diversi stati. Ciò che causò il fallimento di questi e altri schemi fu la possibilità per la gente di trasferire il proprio capitale e la propria persona attraverso i confini degli stati. Il socialismo del governo federale, d'altro canto, può (nelle parole di Chodorov) "in qualche modo essere reso operativo solo perché non c'è possibilità di fuga dalla sua polizia".

Nessun tiranno è mai a favore della divisione o della decentralizzazione del potere, per questo i regimi totalitari del ventesimo secolo si opponevano così fortemente al federalismo. Anche il regime americano ha dedicato più di due secoli a smantellare le barriere un tempo imposte dagli stati all'esercizio d potere senza vincoli. Nelle parole di Chororov: "Poiché era inverosimile far votare agli stati la fine della propria esistenza, i centralizzatori cercarono altri mezzi, quali corrompere le autorità degli stati, alienare la lealtà della cittadinanza con sussidi federali, stabilire corpi amministrativi indipendenti all'interno degli stati per la gestione dei programmi federali".

Ecco la conclusione di Chodorov:

Non c'è limite agli ostacoli che gli stati possono creare ai centralizzatori semplicemente rifiutando di collaborare. Un simile rifiuto sarebbe acclamato dal pubblico, se fosse accompagnato da una campagna di educazione sul significato dei diritti degli stati, in termini di libertà umana. In realtà, la parte educativa di un siffatto movimento secessionista dovrebbe avere primaria importanza. E chi sostiene un "terzo partito", perché entrambi i partiti esistenti sono di carattere centralista, farebbe bene ad attaccare al simbolo questo slogan: Secessione dei 48 stati da Washington.

Questo sì che è parlare libertario.

La secessione non è un'idea popolare all'interno della classe politica e dei media americani, non c'è dubbio, e può essere che i libertari di regime alzino gli occhi al cielo solo a sentirla nominare. Però un recente sondaggio ha riscontrato che un quarto degli americani ha simpatia per l'idea, nonostante l'incessante sbarramento di propaganda nazionalistica proveniente da tutti i lati. Un dato come questo conferma quanto noi già sospettavamo: una parte sostanziale del pubblico è ben disposta a considerare idee non convenzionali. E questo è solo un bene. Il pensiero convenzionale in America è fatto di guerra, centralizzazione, redistribuzione e inflazione. L'idea oggi più anticonvenzionale in America è la libertà.

( Traduzione di Maria Missiroli )