di Murray N. Rothbard (da An Austrian Perspective on the History of Economic Thought, Vol.I)

(su LewRockwell.com, 19 novembre 2014)

Il primo intellettuale libertario fu Lao-tzu, il fondatore del Taoismo. Si conosce poco della sua vita, ma sembra sia stato un amico personale di Confucio, nel tardo sesto secolo a.C.; come Confucio proveniva dallo stato di Sung e apparteneva alla bassa aristocrazia della dinastia Yin.

A differenza dell'insigne difensore del governo di burocrati-filosofi, tuttavia, Lao-tzu sviluppò una filosofia radicalmente libertaria. Per Lao-tzu l'individuo e la la sua felicità erano l'unità fondamentale e l'obiettivo della società. Se le istituzioni sociali ostacolavano la crescita dell'individuo e la sua felicità, allora quelle istituzioni dovevano essere ridotte o abolite del tutto. Per l'individualista Lao-tzu, il governo, con le sue "leggi e regolamentazioni più numerose dei peli di un bue", era un malvagio oppressore dell'individuo, e "era da temere più delle tigri feroci".

Il governo, in sintesi, deve essere limitato al minimo possibile; "inazione" era la funzione appropriata del governo, in quanto solo l'inazione da parte del governo può permettere all'individuo di prosperare e raggiungere la felicità. Qualsiasi intervento del governo, affermava Lao-tzu, sarebbe controproducente e porterebbe a confusione e tumulto. Dopo aver esaminato l'esperienza abituale dell'umanità con il governo, Lao-tzu arrivò a questa incisiva conclusione: "Più tabù e restrizioni artificiali ci sono nel mondo, più la gente è impoverita... Più si dà prominenza a leggi e regolamentazioni, più ladri e rapinatori ci saranno".

Il corso più saggio, quindi, è che il governo si mantenga semplice e non intraprenda alcuna azione, perché il mondo "si stabilizza da solo". Lao-tzu lo disse così: "Quindi il Saggio dice: io non intraprendo azione e tuttavia la gente si trasforma, scelgo la quiescenza e la gente si corregge, non intraprendo azione e la gente si arricchisce....".

Lao-tzu arrivò a queste intuizioni provocatorie e radicali in un mondo dominato dal potere del dispotismo orientale. Quale strategia perseguire per il cambiamento sociale? Sicuramente era impensabile per Lao-tzu esporre alcuna strategia ottimista, senza avere a disposizione alcun esempio storico o contemporaneo di cambiamento sociale libertario, né tanto meno contemplare la formazione di un movimento di massa per rovesciare lo Stato. Così Lao-tzu prese l'unica via di uscita strategica a lui accessibile, raccomandare il familiare percorso taoista di estraniazione dalla società e dal mondo, di ritiro e contemplazione interiore.

L'interpretazione che proporrei è che, mentre i taoisti contemporanei raccomandano il ritiro dal mondo come questione di principio religioso o ideologico, sia molto verosimile che Lao-tzu sollecitasse il ritiro non come principio, ma come l'unica strategia che nella sua disperazione gli appariva perseguibile. Se era senza speranza cercare di districare la società dalle spire oppressive dello Stato, allora forse egli pensò che il corso appropriato fosse consigliare il ritiro dalla società e dal mondo quale unico modo di sfuggire alla tirannia dello Stato.

Che il ritiro dallo Stato fosse un fondamentale obiettivo taoista si può vedere nelle idee del grande taoista Chuang-tzu (369 a.C. – 286 a.C.), il quale, due secoli dopo Lao-tzu, spinse le idee di laissez faire del maestro alla loro logica conclusione: l'anarchismo individualista.

L'influente Chuang-tzu, che scriveva in parabole allegoriche con stile notevole, era un uomo molto colto dello stato di Meng, anch'egli discendente dalla vecchia aristocrazia. Un funzionario minore nel suo luogo di nascita, la fama di Chuang-tzu come scrittore si diffuse per tutta la Cina, al punto che il re Wei del regno Ch’u inviò un emissario da Chuang per portargli grandi doni e sollecitarlo a diventare il suo principale ministro di stato. Il rifiuto sdegnoso dell'offerta del re da parte di Chuang-tzu è una delle grandi dichiarazioni nella storia sul male sottostante alle decorazioni luccicanti del potere dello Stato; fu una dichiarazione appropriata da parte dell'uomo che fu forse il primo anarchico della storia:

Mille once d'oro sono davvero una grande ricompensa, e l'investitura di primo ministro è veramente una posizione elevata. Ma non avete visto, signore, il bue sacrificale in attesa dei sacrifici al tempio reale di stato? E' stato ben accudito e nutrito per qualche anno, è stato bardato di ricchi broccati, così sarà pronto ad essere portato nel Grande Tempio. In quel momento, anche se scambierebbe felicemente il suo posto con qualsiasi cinghiale solitario, lo può fare? Allora, subito lontano da voi! Non infangatemi, preferirei vagabondare in un fosso melmoso, a mio piacere, che essere sottoposto alle costrizioni che il sovrano imporrebbe. Non assumerò mai una funzione ufficiale, e così soddisferò i miei stessi propositi.

Chuang-tzu riprese e arricchì la devozione di Lao-tzu al laissez faire e l'opposizione al potere di stato: "C'è una cosa come lasciare in pace l'umanità; non c'è mai stata una cosa come comandare l'umanità [con successo]". In effetti, il mondo semplicemente "non ha bisogno di governo; in effetti non dovrebbe essere governato". Chuang-tzu è stato anche il primo ad elaborare l'idea di "ordine spontaneo", sviluppata principalmente da Proudhon nel diciannovesimo secolo e da F. A. Hayek della Scuola Austriaca nel ventesimo secolo: "Il buon ordine si ottiene spontaneamente quando le cose sono lasciate in pace".

Chuang-tzu, inoltre, è stato forse il primo teorico a vedere lo Stato come un brigante in larga scala: "Un ladruncolo è messo in prigione. Un grande brigante diventa il sovrano di uno Stato". Quindi l'unica differenza tra i sovrani dello Stato e i veri e propri rapinatori capibanda è la dimensione dei loro saccheggi. Il tema del sovrano-quale-rapinatore doveva essere ripetuto, ovviamente in modo indipendente, da Cicerone, poi da Sant'Agostino e altri pensatori cristiani nel Medio Evo.
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Nota [MM]
L'ultima opera di Rothbard, An Austrian Perspective on the History of Economic Thought, è voluminosa e non facile, però è davvero eccezionale. Leggerla equivale a rivedere gran parte delle proprie conoscenze storiche, osservate sotto una luce diversa, una luce che appare molto più coerente e sensata rispetto a quelle convenzionali.
Una delle cose che più mi ha colpito di questo libro, in quanto recente libertaria, è questa: mentre quando si espongono i principi libertari alle persone "normali"  si viene guardati con stupore, come se si trattasse di idee eccentriche e avulse dalla realtà, si scopre che lungo tutta la storia e in ogni luogo c'è sempre stato qualcuno che ha esposto queste idee, e non  persone stravaganti, ma uomini di grande spessore intellettuale e morale.

Se Rothbard è stato il massimo teorico della filosofia libertaria, si tratta però di idee che vengono da molto lontano e sono state espresse, più o meno compiutamente, innumerevoli volte. Ad esempio, uno dei libertari più radicali della storia è stato Juan de Mariana, che fu uno dei primi e più stimati gesuiti. (Le sue opere furono poi messe all'Indice dall'Inquisizione spagnola - un'istituzione che faceva capo al re di Spagna).
Buffo il mondo, no?

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