di Frank Chodorov (da mises.org, ripreso da LewRockwell.com il 12 maggio 2014)

[Affermando di sostenere il libero mercato e l'individualismo, si viene tipicamente accusati di "egoismo" o di "dare importanza solo alle cose materiali". Questo brano di Chodorov, scritto diversi decenni fa, mostra che non si tratta di un'accusa tanto nuova né tanto fondata, e che la replica è piuttosto semplice...
Il brano tocca anche, ben spiegati, alcuni fondamentali principi di economia. MM]

L'etichetta sulla bottiglia adesso dice "libertarismo". Il contenuto, però, non è nulla di nuovo: è ciò che nel diciannovesimo secolo, e fino all'epoca di Franklin Roosevelt, era chiamato liberalismo - la difesa di rigorosi limiti al governo e della libera economia. (se ci pensate, vedrete che c'è ridondanza in questa formula, in quanto un governo con poteri limitati avrebbe poche possibilità di interferire nell'economia.) I liberali furono derubati del loro nome tradizionale da socialisti e quasi socialisti senza principi, la cui avidità per i termini prestigiosi non conosce limiti [N.d.T.: negli Stati Uniti "liberal" denota i progressisti o democratici]. Quindi, forzati a cercare una diversa etichetta distintiva per la loro filosofia, essi se ne uscirono con libertarismo - non male ma in qualche modo ostico alla lingua.

Avrebbero forse potuto far meglio adottando il più antico e eloquente nome di individualismo, ma lo scartarono perché anch'esso era stato più che infangato dagli oppositori ...

Il getto di fango era cominciato molto tempo fa, ma l'orgia più recente e conosciuta avvenne nella prima parte del secolo, quando i fanatici del paradiso-per-mezzo-dello-stato affibbiarono all'individualismo un aggettivo impregnato di giudizio - rugged [N.d.T.: rugged, che non ha un aggettivo perfettamente analogo in italiano, vuol dire aspro riferito ad un paesaggio, forte e robusto riferito ad un atleta]. La parola in se stessa non ha contenuto morale; riferita ad una montagna è puramente descrittiva, riferita ad un atleta ha una connotazione positiva. Nell'uso letterario di quei fanatici, però, denotava quello che in linguaggio comune sarebbe chiamato comportamento losco. Questa connotazione non ha nulla a che vedere con una filosofia più di quanto ne abbia ogni forma di comportamento indecente. Quindi, il "rugged individualist" era il tipo che minacciava il pignoramento della vecchia proprietà di famiglia se la fanciulla graziosa rifiutava la sua mano; oppure era lo speculatore che usava il mercato borsistico per derubare "vedove e orfani"; o ancora era il pirata grasso e florido che copriva di diamanti la sua amante. Era, in breve, un tipo la cui coscienza non metteva ostacoli alla sua inclinazione ad afferrare ogni dollaro, che non riconosceva alcun codice etico che potesse tenere a freno i suoi appetiti. Se c'è qualche differenza tra un ladro ordinario e un "rugged individualist", è il fatto che il secondo quasi sempre si mantiene entro i limiti della legge, anche se deve riscrivere la legge per farlo....

"Rugged individualism" fu un'espressione propagandistica di prim'ordine. Fu utilissima nel portare il fervore "spogliamo-i-ricchi" al punto di ebollizione.

L'espressione si diffuse in un'epoca in cui la mania di livellamento stava scavando la sua strada nella tradizione americana, prima che il governo, usando appieno il nuovo potere acquisito con la legge della tassa sul reddito, afferrasse l'individuo per la collottola e ne facesse un uomo di massa. E' un fatto bizzarro che i socialisti siano ben in accordo con i "rugged individualist" nel promuovere l'uso della forza politica per ottenere il proprio "bene"; la differenza tra loro sta solo nel determinare le occorrenze, o gli assegnatari, del "bene" fornito dallo stato. E' dubbio che i "robber baron" (sinonimo di "rugged individualist" - N.d.T.: "rubber baron" è termine dispregiativo con cui erano indicati alcuni ricchissimi capitani d'industria di fine '800) abbiano mai usato lo stato, prima della tassa sul reddito, con qualcosa che si avvicinasse al vigore e al successo dei socialisti. Comunque sia, lo stigma di "ruggedness" attecchì, cosicché gli "intellettuali" collettivisti, che non dovrebbero essere così ingenui, ignorano la differenza tra ruberia e individualismo.

Le parole diffamatorie originali

La denigrazione dell'individualismo, inoltre, aveva avuto una buona partenza già prima dell'era contemporanea. I diffamatori originali non erano socialisti ma solidi difensori dello status, i paladini dei privilegi special, i mercantilisti del diciannovesimo secolo.  La loro contrarietà scaturiva in parte dal fatto che l'individualismo pendeva pesantemente verso la fiorente dottrina del libero mercato, dell'economia di laissez-faire, e per questo poneva una minaccia alla loro posizione prediletta. Allora essi cercarono a fondo nell'antico sacco della semantica e ne ricavarono due parole infanganti: egoista e materialista; proprio come i socialisti più tardi, non avevano rimorsi nel distorcere la verità per adattarla ai loro argomenti.

La teoria del laissez-faire - cioè un'economia libera dagli interventi e dalle sovvenzioni politiche - sostiene che l'istinto di interesse personale è il fattore motivante dello sforzo produttivo. Niente è prodotto se non dal lavoro umano, mentre il lavoro è qualcosa al cui riguardo l'essere umano è molto parsimonioso: se potesse soddisfare i suoi desideri senza sforzo, eviterebbe lo sforzo volentieri. Questo è il motivo per cui egli inventa dispositivi che fanno risparmiare lavoro. Però, egli è costituito in modo tale per cui ogni gratificazione dà origine a nuovi desideri, che egli procede a soddisfare investendo il lavoro risparmiato. Egli è insaziabile. La capanna di tronchi che era una casa sufficiente nella terra selvaggia sembra decisamente inadeguata non appena il pioniere ha accumulato un surplus di beni di prima necessità; allora comincia a sognare di tende e quadri, acqua corrente, una scuola o una chiesa, per non dire del baseball o di Beethoven. L'interesse personale prevale sull'avversione al lavoro nel suo costante impulso a migliorare le proprie circostanze e allargare i propri orizzonti ...

E' nel libero mercato che l'interesse personale trova la sua migliore espressione; questo è un punto cardine dell'individualismo. Se il mercato viene regolarmente saccheggiato, da ladri o dal governo, e la sicurezza della proprietà è compromessa, l'individuo perde interesse alla produzione, per cui si riduce l'abbondanza delle cose di cui l'uomo vive. Ne consegue che è per il bene della società stessa che è meglio lasciare libero di operare senza impedimenti l'interesse personale nella sfera economica.

Però l'interesse personale non è egoismo. L'interesse personale stimolerà il produttore a migliorare i suoi prodotti in modo da favorire il commercio, mentre l'egoismo lo indurrà a cercare i privilegi speciali e il favore dello stato, che finiscono per distruggere proprio il sistema di libertà economica dal quale egli dipende. Il lavoratore che cerca di migliorare il suo destino prestando miglior servizio difficilmente può essere chiamato egoista; questo termine si addice piuttosto al lavoratore che pretende di essere pagato per non lavorare. Il cercatore di sussidi è egoista, così come è qualsiasi cittadino che usa la legge per arricchirsi a spese degli altri cittadini.

Il libero mercato

Poi c'è l'accusa di "materialismo". Il laissez-faire, naturalmente, ha dalla sua l'argomento dell'abbondanza; se la gente vuole molte cose, il modo di ottenerle è attraverso la libertà di produzione e di scambio. Da questo punto di vista, potrebbe essere definito "materialistico". Però l'economista a favore del laissez-faire, in quanto economista non si chiede né giudica i desideri degli uomini; non ha alcuna opinione su come dovrebbero essere le loro aspirazioni. Che preferiscano la cultura ai gadget, o che attribuiscano maggior valore all'ostentazione rispetto alle cose spirituali, non è oggetto del suo studio; il libero mercato, egli insiste, è meccanicistico e amorale. Se la preferenza di qualcuno è per il tempo libero, per esempio, è attraverso l'abbondanza che il suo desiderio può essere soddisfatto al meglio; infatti l'abbondanza delle cose le rende più economiche, più facili da ottenere, quindi diventa possibile concedersi di indulgere in vacanze. Un concerto è probabilmente meglio apprezzato da un esteta ben nutrito che da uno affamato. Comunque sia, l'economista rifiuta di giudicare le predilezioni degli uomini; qualsiasi cosa vogliano, ne otterranno di più da un libero mercato che da un mercato che funziona sotto il comando delle forze dell'ordine.

Tuttavia i critici del diciannovesimo secolo passavano allegramente sopra questo punto; anche i socialisti moderni lo ignorano. Hanno insistito a collegare contenuto morale alla libera economia...

In realtà - mentre il libero mercato in se stesso è un meccanismo neutro rispetto ai valori espressi dai desideri degli uomini, qualsiasi siano - la teoria del libero mercato si basa sulla tacita accettazione di un concetto puramente spirituale, e cioè: l'uomo è dotato della capacità di fare scelte, per libera volontà. Non fosse per questo tratto puramente umano, non ci sarebbero mercati, la vita umana sarebbe analoga a quella degli uccelli e delle bestie. L'economista della scuola del laissez-faire cerca di girare intorno a questo punto filosofico e teologico; tuttavia, se pressato a sufficienza deve ammettere che la sua intera argomentazione è basata sull'assioma di libera volontà, nonostante egli possa chiamarlo in un altro modo. Quell'assioma certamente non è materialistico; ogni discussione al riguardo conduce ineluttabilmente a dover considerare l'anima.

Per contrasto, sono i socialisti (di qualsiasi sottospecie) che necessariamente devono iniziare la loro argomentazione con il rifiuto dell'idea di libera volontà. La loro teoria richiede di descrivere l'individuo come puramente materialistico. Quello che è chiamato libera volontà, essi devono sostenere, è un gruppo di riflessi del condizionamento ambientale...

“Edonismo”

Tornando alla diffamazione dell'individualismo, un'altra parola carica di giudizio morale scagliata contro di esso, in passato e ancora adesso, è edonismo. (C'è almeno uno scrittore moderno, il quale ritiene che un cristiano non possa essere un individualista, che continua a portare avanti questa critica del diciannovesimo secolo). Questa etichetta deriva dal fatto che un certo numero di autodefinitisi individualisti, discepoli di Adam Smith, si associarono ad un credo etico noto come utilitarismo: i più famosi furono Jeremy Bentham, James Mill e John Stuart Mill. Il principio di base di questo credo è che per costituzione l'uomo sia spinto ad evitare il dolore e ricercare il piacere. Quindi, nella natura delle cose, l'unica condotta moralmente buona è quella che favorisce questa ricerca. Sorge però un problema di definizione, dal momento che quanto è piacere per un filosofo può essere dolore per l'imbecille. Bentham, fondatore della scuola, interessato più alla legislazione che alla filosofia, risolvette il problema argutamente redigendo un calcolo grossolano del piacere; poi enunciò un principio legislativo basato su di esso: è moralmente buono ciò che produce il maggiore bene per il maggior numero di persone.

Provenendo da un oppositore dichiarato dei privilegi e da un sostenitore dei limiti al potere del governo, questa dottrina di "fare del bene" è una ben strana anomalia. Se la misura morale della legislazione è il maggior bene per il maggior numero, ne consegue che il bene della minoranza, ancor più una minoranza di una sola persona, è immorale. Questo proprio non si accorda con il principio di base dell'individualismo per il quale l'uomo è dotato di diritti con i quali la maggioranza non può interferire...

Punti cardine dell'individualismo

Metafisicamente, l'individualismo sostiene che la persona è unica, non è un campione della massa, dovendo la sua peculiare composizione e la sua lealtà al Creatore, non al suo ambiente. A ragione dell'origine della sua esistenza, l'individuo è dotato di diritti inalienabili, che è dovere di tutti gli altri rispettare, come è suo dovere rispettare i loro; questi diritti sono la vita, la libertà e la proprietà. Di conseguenza a questa premessa, la società non ha alcun permesso di invadere questi diritti, neanche sotto il pretesto di migliorare le sue circostanze di vita; il governo non può fornirgli altro servizio se non quello di proteggerlo dagli altri nell'esercizio di questi diritti. Nel campo dell'economia (del quale i libertari si preoccupano giustamente perché è qui che lo stato comincia le sue infrazioni), il governo non ha competenza; il meglio che può fare è mantenere una condizione di ordine, in modo che l'individuo possa portare avanti le sue attività con la sicurezza che potrà tenere quello che produce. Questo è tutto.