di Hans-Herman Hoppe (da LewRockwell.com, 3 maggio 2014)

[Si tratta di un'Intervista a Hans-Herman Hoppe, il noto filosofo libertario tedesco, realizzata dalla rivista filosofica brasiliana Dicta & Contradicta, a luglio 2013. Ne traduco una buona parte. MM]

Lei vede un nesso causale tra la forma di governo di una società e i suoi valori morali, il suo sviluppo sociale.  Vede un simile collegamento tra il tipo di governo e gli standard estetici e la qualità dell'arte e dell'intrattenimento?

Hoppe: Certamente. I governi degli stati democratici promuovono sistematicamente egualitarismo e relativismo. Nel campo delle interazioni umane, questo porta alla sovversione e infine alla sparizione dell'idea di eterni e universali principi di giustizia. La legge è impaludata e sommersa dalla legislazione. Nel campo delle arti e del giudizio estetico, la democrazia conduce alla sovversione e infine alla sparizione della nozione di bellezza e di standard universali di bellezza. La bellezza è impaludata e sommersa dalla cosiddetta "arte moderna".

Dato che le comunità libertarie potrebbero liberamente bandire i dissidenti che non concordano con una data opinione, ci sarebbe più o meno libera discussione intellettuale in un mondo libertario rispetto al nostro? E rispetto a un mondo composto di monarchie tradizionali?

Hoppe: La proprietà privata dà diritto al proprietario di discriminare: di escludere altri dalla sua proprietà o di includerli, e di determinare le condizioni per l'accesso e l'esclusione. Sia l'inclusione che l'esclusione hanno costi e benefici associati per il proprietario, il quale li pesa gli uni contro gli altri quando prende la sua decisione. In ogni caso, la decisione del proprietario è motivata dalla sua cura per la sua proprietà e dalla ragione. Il suo ragionamento può risultare corretto ed egli raggiunge il suo obiettivo, oppure può risultare sbagliato, ma in ogni caso quella del proprietario è una decisione ragionata.

Il fondatore e sviluppatore di una comunità privata, quindi, molto probabilmente non discriminerà o escluderà in base a mere differenze di opinione. Se lo facesse, non sarebbe verosimile per lui attrarre più utenti del seguito di un guru. Tipicamente, la discriminazione sarà basata sulle differenze di comportamento, espressione e aspetto esteriore, su quello che le persone fanno e come si comportano in pubblico, sulla lingua, religione, etnicità, abitudini, classe sociale, ecc. Il proprietario discrimina per ottenere un alto grado di omogeneità di comportamento nella sua comunità e così evitare o ridurre la tensione e i conflitti intra-comunità - in gergo economico: per ridurre i costi di transazione; e lo fa nella prospettiva che la sua decisione sia buona per la sua proprietà e la sua comunità.

In ogni caso, in un mondo libertario ci sarebbe senz'altro molta più discriminazione rispetto al mondo statalista attuale, caratterizzato da infinite leggi anti-discriminazione e, di conseguenza, da integrazione forzata ovunque. In particolare, qualsiasi altro criterio possa essere usato per l'inclusione o l'esclusione, in un mondo libertario, ad esempio, nessun proprietario di comunità privata vorrebbe tollerare - e non discriminare contro - attivisti comunisti o socialisti sulla sua proprietà. In quanto nemici proprio dell'istituzione su cui si fonda la comunità, essi sarebbero esclusi o espulsi - ma naturalmente resterebbero liberi di creare la loro comune comunista, kibbutzim o qualsiasi altro "esperimento sociale" da loro ideato.

In conclusione e per rispondere finalmente alla domanda, un mondo libertario sarebbe caratterizzato da una varietà molto maggiore di comunità differenti, internamente relativamente omogenee, e di conseguenza la gamma, diversità e vigore della discussione intellettuale in tutta probabilità supererebbe di gran lunga tutto quanto c'è attualmente o c'è stato in ogni altro periodo del passato.

Le posizioni libertarie in politica e etica hanno qualche relazione con certi giudizi estetici ed artistici? C'è qualche incoerenza in un libertario che sia amante, per esempio, del Realismo Sovietico?

Hoppe: Da un punto di vista puramente logico, il libertarismo è compatibile con tutti gli stili e i giudizi estetici e artistici. Non sono il primo a notare, per esempio, che l'opera artistica della famosa libertaria Ayn Rand mostra una impressionante somiglianza con il Realismo Sovietico Socialista. Similmente, ho visto che è possibile essere un "perfetto" libertario e mai aggredire la persona o la proprietà di nessuno, e allo stesso tempo essere tuttavia un totale buono a nulla o un tipo sgradevole o persino ripugnante.

Le cose sono diverse da un punto di vista psicologico. Qui, nel regno della psicologia, noi percepiamo che la vita di un pacifico fannullone o di un amante dell'arte del Realismo Sovietico sia in qualche modo incompatibile con la vita di libertario cosciente di esserlo. Quando vediamo esibire un tale comportamento o gusto artistico da un libertario dichiarato, questo ci procura dissonanza emotiva o estetica. E giustamente così, ritengo. Perché l'esperienza umana è caratterizzata dall'unione integrata di tre abilità: riconoscere la verità, la giustizia e la bellezza. Sappiamo distinguere tra vero e falso, sappiamo distinguere tra giusto e sbagliato, e sappiamo distinguere tra bello (e perfezione) e brutto (e imperfezione) - e sappiamo parlare e riflettere su tutte e tre le nozioni. Una vita umana integra e completa, quindi, dovrebbe non solo essere veritiera e giusta, dovrebbe anche essere una buona vita. Forse non bellissima e perfetta, ma una vita che si sforza di tendere verso la bellezza e la perfezione. Una vita esemplare, moralmente ed esteticamente edificante e ispiratrice. E' qui, dove il fannullone pacifico e l'amante del Realismo Sovietico sono carenti.

Alternativamente, l'arte ha un ruolo da giocare nel dare forma alle idee politiche e filosofiche? Questo può essere fatto anche diversamente da propaganda per una data ideologia?

Hoppe: La funzione delle arti visuali e della musica è la creazione della bellezza in tutte le sue manifestazioni. Non ha ulteriori implicazioni filosofiche. Nondimeno arte e musica, quando esprimono bellezza, hanno un'importante caratteristica in comune con il libertarismo. Il libertarismo è anch'esso bellissimo. Non esteticamente, naturalmente, ma logicamente, in quanto semplice ed elegante teoria sociale.

Per quanto riguarda le arti interamente o parzialmente narrative, sì, possono servire come veicolo per la promozione di idee politiche e filosofiche. Lo si può chiamare propaganda. Ma queste idee possono essere vere e buone o false e cattive. E sebbene io non sia una persona di inclinazioni artistiche, preferirei avere più artisti che propagandano le idee vere e buone di proprietà privata e di capitalismo come Ayn Rand, per esempio, e meno artisti che propagandano le idee false e cattive di proprietà pubblica e di socialismo come, ad esempio, Bertolt Brecht. Ma un obiettivo filosofico non è necessario per fare arte - si può anche raccontare una storia per se stessa. Né è sufficiente un obiettivo filosofico per portare all'arte. Affinché sia arte, una narrazione deve essere caratterizzata in primo luogo da veridicità (nel più ampio senso del termine), da intelligibilità, coerenza logica, padronanza di linguaggio, espressione e stile, e un senso di umanità e di giustizia umana; di come si agisce e dell'intenzionale e del non intenzionale nella vita, di giusto e sbagliato, di buono e cattivo.

Le idee discusse dagli intellettuali hanno effetti pratici sulla storia della società umana?

Hoppe: Non sono certo un fan di J. M. Keynes. Però aveva ragione quando disse che "le idee degli economisti e dei filosofi politici, sia quando sono giuste sia quando sono sbagliate, sono più potenti di quando sia comunemente compreso. In verità, il mondo è guidato da poco altro. Gli uomini pratici, che si credono del tutto esenti da ogni influenza intellettuale, sono solitamente schiavi di qualche economista defunto". E in effetti, Keynes è proprio quel defunto economista, il quale pronunciava idee sbagliate, di cui sono intellettualmente schiavi gli uomini pratici di oggi.

La vita accademica nel suo stato attuale è un ambiente sano per un intellettuale? Può sopravvivere come intellettuale anche altrove?  

Hoppe: Questo dipende dall'intellettuale. La vita accademica può essere molto confortevole per qualcuno che blateri di banalità di sinistra politically correct per anni e anni. D'altra parte, per un austro-libertario - e ancor più per un austro-libertario culturalmente conservatore - la vita accademica è difficile e spesso esasperante. Con persistenza e un po' di fortuna si può riuscire a sopravvivere, ma se non si è disposti a vendersi, o almeno a tacere, bisogna essere preparati a pagare un prezzo.

Oggi tuttavia, grazie a Internet, si può sopravvivere come intellettuale al di fuori del mondo accademico ufficiale. Essendo i costi di ingresso minimi la competizione è feroce, ma le opportunità sembrano senza limiti. E' incoraggiante che oggi ci siano già diversi intellettuali austro-libertari che hanno guadagnato prominenza e denaro passando per questa via.

Se Lei potesse magicamente cambiare un convincimento nelle menti di tutta la gente nelle società attuali, cosa sarebbe e perché? 

Hoppe: In questo sono d'accordo con il mio principale maestro, mentore e guida, Murray Rothbard. Vorrei solo che la gente riconoscesse le cose per quello che veramente sono. Vorrei che riconoscesse le tasse come rapina, i politici come ladri, e l'intero apparato statale e la burocrazia come un racket di protezione, un'impresa simile alla mafia, solo molto più grande e pericolosa. In breve: vorrei che odiasse lo stato. Se tutti credessero e facessero questo, allora, come mostrato da Étienne de La Boétie, tutto il potere dello stato svanirebbe quasi istantaneamente.

Quale influenza positiva ha avuto Habermas sul Suo pensiero? Ci sono state anche influenze negative da lui?

Hoppe: Habermas è stato il mio principale insegnante di filosofia e il mio relatore di dottorato durante i miei studi alla Università Goethe a Francoforte, negli anni 1968-74. Tramite i suoi seminari ho acquisito dimestichezza con la filosofia analitica inglese e americana. Ho letto K. Popper, P. Feyerabend, L. Wittgenstein, G. Ryle, J.L. Austin, J. Searle, W.v.O. Quine, H. Putnam, N. Chomsky, J. Piaget. Ho scoperto Paul Lorenzen e la Scuola di Erlangen e l'opera di K.O Apel. Ritengo ancora che sia stata una formazione intellettuale decisamente buona.

Personalmente, quindi, non ho rimpianti. Però, l'influenza di Habermas sulla pubblica opinione tedesca è stata un assoluto disastro, almeno da un punto di vista libertario. Habermas è oggi la più celebrata figura pubblica tedesca di intellettuale e di depositario della "“Political Correctness”, della social-democrazia e dello stato sociale, del multi-culturalismo, anti-discriminazione (affirmative action) e centralizzazione politica, conditi, specialmente per il consumo tedesco, con una dose massiccia di retorica "anti-fascista" e di "colpa collettiva".

Vale la pena leggere la letteratura? Quali sono i lavori letterari che preferisce? 

Hoppe: Ognuno deve deciderlo da per sé. Personalmente non ho mai letto molta letteratura. Quando ho voglia di una lettura "più leggera", tipicamente leggo libri di storia, inclusi i romanzi storici, biografie, oppure critiche culturali à la H.L. Mencken o Tom Wolfe.

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[ Nota: In questa intervista si tocca, tra l'altro, un punto particolarmente significativo nell'ottica di questo sito: l'importanza delle nostre idee, un concetto spesso citato anche da Ron Paul ("Ideas move countries, individuals don't"), e da tutti i libertari. In generale la gente crede che "sì, certo, le idee sono molto importanti, ma in fondo poi non così tanto", e che siano altri i fattori principali a far accadere le cose. Quante volte me lo sono sentita dire! Se le persone capissero che sono le idee che albergano nella nostra testa a determinare cosa succede nella nostra vita e nel mondo, forse presterebbero più attenzione a cosa lasciare entrare nella propria testa e a chi dare fiducia.

Micidiale e centratissima la frase di Keynes (e così Keynes ha detto anche qualcosa di vero!): gli uomini pratici che pensano di essere esenti da influenze intellettuali in realtà sono gli schiavi di economisti morti

Quanto è vero, e quanto è difficile farlo capire! O anche solo far sorgere il dubbio che possa essere così.

MM]