di Joseph Salerno (Mises.org, 21 gennaio 2015)

Si è sollevato un fiume di lamenti tra gli economisti-blogger in reazione all'abrogazione del tetto massimo sull'euro da parte della Banca Nazionale Svizzera. Tyler Cowen, Paul Krugman e Scott Sumner lamentano tutti la perdita di "credibilità" da parte della BNS all'indomani dell'improvviso cambiamento di politica, prospettando minacciosamente fosche conseguenze per l'economia svizzera. Ma il problema delle banche centrali non è la credibilità, o la relativa mancanza. La Federal Reserve di Greenspan-Bernanke e altre banche centrali negli ultimi vent'anni hanno certamente perso tutta la loro credibilità, avendo involontariamente provocato inflazione dei prezzi dei beni nel mondo durante l'era della "New Economy" di fine anni '90 e poi deliberatamente ricreato l'inflazione dei prezzi come mezzo per stimolare la ripresa dalla recessione del 2001, e poi ancora a seguito della crisi finanziaria alla fine del decennio. Gli effetti della Grande Recessione ancora aleggiano sugli Stati Uniti più di cinque anni dopo la sua data di fine ufficiale. Tutto ciò nonostante la politica monetaria "non convenzionale" e straordinariamente inflazionaria della Federal Reserve, che ha portato i mercati di azioni e titoli a record assoluti e riattizzato la bolla immobiliare.

Il vero pericolo dalle banche centrali perciò non sta nella loro perdita di credibilità, ma nell'assenza di obbligo di trasparenza verso il pubblico e i suoi rappresentanti eletti. E' proprio l'obbligo di trasparenza, tuttavia, che Cowen e gli altri blogger di economia temono e detestano. Cowen sostiene che la BNS abbia ceduto alla pressione politica perché i suoi burocrati hanno cercato di "accaparrarsi capitale istituzionale" - in parole povere, mantenere il favore politico. Secondo Cowen:

Senza tale capitale, le banche centrali semi-indipendenti cesserebbero presto di esistere, a detrimento di tutti noi.

Cowen ha ragione a metà. Come ha evidenziato un sostenitore dello standard aureo, il recente referendum svizzero sull'oro, anche se non è passato, è stato un trillo di sveglia per i burocrati della BNS. Dove Cowen sbaglia è nell'affermare che portare via la funzione di regolare la quantità di denaro alla banca centrale e metterla sotto esplicito controllo politico sarebbe "a detrimento di tutti noi". Come ho scritto altrove riguardo alla proposta di mettere le operazioni monetarie sotto il controllo del Tesoro:

Un'obiezione comune a una tale proposta è che se il denaro fosse sotto in controllo del Tesoro la politica monetaria diventerebbe un pallone da calcio politico, l'inflazione sarebbe rampante, gli Stati Uniti affonderebbero in un mare di inchiostro rosso, il dollaro crollerebbe sui mercati di cambio, bla bla bla. Ma di quanto più inflazionaria di come è ora diventerebbe la politica monetaria? I burocrati della Fed, non eletti e senza obbligo di trasparenza, hanno stretto attorno all'economia degli Stati Uniti un regime di interessi a zero, quantitative easing indefinito e perseguimento folle di un obiettivo basato su una variabile reale (il tasso di disoccupazione) usando variabili nominali. ... E' una regressione al keynesianismo da età della pietra.

Per quanto riguarda l'affermazione di Summer, per la quale abolire il prezzo massimo del franco svizzero rispetto all'euro in qualche modo porterà alla sua sopravvalutazione e alla devastazione dell'economia svizzera, dipendente dalle esportazioni, niente potrebbe essere più lontano dal vero. Primo, qualsiasi tipo di controllo dei prezzi, ma in modo particolare quelli sulle valute, distorcono l'allocazione di risorse, il calcolo economico e quindi le caratteristiche del commercio internazionale, riducendo la prosperità nazionale e globale. Secondo, l'inevitabile sofferenza che accompagnerà la fase di adattamento di breve termine dell'economia svizzera al maggior valore del franco impallidisce al confronto con la distruzione economica di lungo termine che si sarebbe riversata sull'economia svizzera a causa dell'inflazione importata dall'area euro, se l'aggancio tra le due valute fosse rimasto in vigore di fronte al massiccio programma di quantitative easing appena annunciato dalla BCE. Terzo, l'economia svizzera è estremamente flessibile e sarà in grado di adattarsi al maggiore valore della sua valuta. Leonid Beshidsky evidenzia che, mentre l'UE è rimasta stagnante, gli esportatori svizzeri hanno incrementato il giro d'affari verso gli Stati Uniti, il loro secondo maggior partner commerciale. Nel novembre 2014, le esportazioni svizzere verso gli Stati Uniti sono aumentate del 10%, il quarto consecutivo aumento mensile in doppia cifra. Nello stesso mese, le esportazioni verso l'UE sono calate del 2%. Gli svizzeri cercheranno di incrementare anche le esportazioni verso la Cina.

- Traduzione di Maria Missiroli

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