14 agosto 2014

Premessa - L'economia scoperta da un ingegnere

Al pari della maggioranza degli ingegneri, fino a pochi anni fa avevo idee molto confuse in tema di teoria economica. Sì, certamente conoscevo qualche nozione di contabilità aziendale, ma la macroeconomia è una cosa completamente diversa. Vedevo gli economisti come pseudo-scienziati continuamente impegnati a spiegare perché le loro previsioni non si erano avverate. Quando sentivo esprimere qualche principio di economia, non avevo modo di giudicare se fosse giusto o sbagliato. Come sento fare oggi continuamente dalle persone con cui mi capita di parlare, andavo più o meno "a sentimento", senza approfondire realmente perché le cose fossero o meno in un certo modo, e soprattutto senza avere la minima idea che esistesse una metodologia per indagare i fenomeni economici. Ho sempre avuto un'inclinazione liberale, ma non sapevo esattamente perché, né avevo modo di confutare gli argomenti a favore dell'intervento statale in economia. Ad esempio, se sentivo dire che "il capitalismo accresce le differenze di ricchezza tra ricchi e poveri", non avrei saputo come ribattere.

Poi, nel 2007, improvvisamente divenne diffusissimo in rete il nome del candidato alle presidenziali per il partito repubblicano Ron Paul, almeno sui siti più o meno "alternativi"; era chiaro che si trattava di un uomo eccezionalmente onesto, sincero e intelligente, ma cosa diceva esattamente? Approfondendo un po', rimasi stupita dall'estremo liberalismo delle idee esposte da Ron Paul, contrario finanche alle leggi antitrust e alle leggi contro l'insider trading. Come, un uomo chiaramente così onesto e capace esponeva idee che il mondo intero (e anch'io) riteneva senz'altro malvage? Allora approfondii sul serio. Come è vero con tutte le cose importanti, ci vuole un po' di tempo e di impegno. Il risultato è che adesso anch'io sono "estremamente liberale", e penso cose che mi sembra impossibile non aver visto prima.

Adesso anch'io so cos'è la "scuola austriaca di economia", so chi erano e cosa dicevano von Mises e Rothbard, e tutti gli altri, a cominciare dai tempi antichi; so cos'è, e che importanza ha, la "teoria del valore". C'è tuttora tanta gente che stima Ron Paul, eppure è convinta che abbia "idee folli in economia", leggo commenti in questo senso continuamente. Purtroppo, non si possono evitare quel tempo e quell'impegno; non ci sono scorciatoie per la comprensione personale di cose in contrasto con quello che si sente dire continuamente. Però, vorrei provare a fornire qualche spunto in modo veramente facile.

L'economia è una branca di quello che in generale si definisce sociologia, ovvero la scienza che si propone di analizzare le relazioni causa-effetto che si instaurano nelle interazioni tra un grande numero di esseri umani. La domanda specifica che si pone l'economia è perché si verificano i fenomeni ciclici di crescita dell'economia e di crisi, ovvero ciò che è noto come "ciclo economico" (business cycle). Le teorie macroeconomiche sono in sostanza risposte a questa domanda, da cui trarre le contromisure più idonee per evitare e controbattere le crisi economiche.

Ci sono fondamentalmente quattro teorie macroeconomiche principali (e diverse loro varianti). Le elenco in ordine decrescente di sostegno all'intervento statale: la teoria marxista; la teoria keynesiana; la teoria monetarista della scuola di Chicago; la teoria della scuola austriaca. Come dicevo, si tratta di teorie omogenee, cioè teorie che rispondono alla stessa domanda e offrono contromisure agli stessi problemi. Poi, il mondo dell'economia è variegato e molto fumoso. Ci sono discipline, quali la "behavioural economics", che hanno una ragione sensata di esistere, ma non sono propriamente economia; cioè, rispondono a domande differenti. Ci sono poi teorie econometriche di vario tipo, di apparenza molto "scientifica" ma di validità oltremodo dubbia, in quanto basate su ipotesi che in macroeconomia sono totalmente arbitrarie. Per questo qui le lasciamo completamente da parte.

Vediamo in breve, semplificando drasticamente, cosa afferma ognuna delle quattro teorie macroeconomiche più rilevanti.

Teoria marxista: le crisi economiche sono il risultato dello sfruttamento dei capitalisti verso i lavoratori; i capitalisti perseguono spietatamente solo i propri interessi portando i lavoratori verso condizioni di mera sussistenza; la contromisura è l'abolizione della proprietà privata e la collettivizzazione dei mezzi di produzione.

Teoria keynesiana: a differenza della teoria marxista, la proprietà privata e il mercato hanno un ruolo positivo nell'economia, quindi devono essere mantenuti, però il libero mercato può dar luogo a malfunzionamenti e a crisi economiche dovute a insufficienza della domanda; quando si verifica una crisi, la contromisura più idonea è l'intervento statale che introduca denaro nell'economia favorendo opere pubbliche, impieghi pubblici, sussidi alle imprese e regolamentazione dei prezzi, tramite la creazione di denaro o l'indebitamento dello stato, almeno fino a quando l'economia non ricomincia a crescere e la disoccupazione scende sotto determinati livelli.

Teoria monetarista della scuola di Chicago: la proprietà privata e il libero mercato hanno un ruolo fondamentale per l'economia e gli interventi statali che vi pongono restrizioni sono deleteri per la prosperità economica; per evitare le crisi economiche, la funzione appropriata dello stato è garantire flessibilità tramite un'accurata gestione monetaria, con creazione di denaro da iniettare nell'economia programmata entro rigorosi parametri.

Teoria della scuola austriaca: la proprietà privata e il libero mercato (cioè il capitalismo) sono le condizioni che producono la miglior prosperità possibile per la società; le crisi economiche di grande entità sono causate dagli interventi statali nell'economia; per evitare le crisi e far crescere la prosperità occorre eliminare gli interventi statali in economia, in particolar modo l'intervento dello stato in ambito monetario, che rende possibile tutti gli altri. La libertà monetaria, o almeno una moneta saldamente legata all'oro (gold standard), è la situazione imprescindibile per una prosperità duratura.

La teoria marxista è stata praticamente abbandonata dovunque sia stata provata, dopo aver prodotto miseria inenarrabile. La teoria keynesiana è al cuore delle politiche attuali della Federal Reserve, della Bank of England, della Bank of Japan, per citare i casi principali. La teoria monetarista è quella che in teoria contraddistingue l'Unione Europea; naturalmente non ha senso se politica monetaria e politica fiscale non procedono di pari passo, in quanto paesi fiscalmente irresponsabili (tra cui l'Italia) si ritrovano prevedibilmente a dover pagare interessi esorbitanti su debiti inestinguibili; l'obiettivo di un'unione politica già insito nell'unione monetaria è lampante.

Penso che anche questo breve sunto renda chiaro perché nelle università di stato, sui media di stato o controllati da grandi società protette dallo stato, non si parla mai della scuola austriaca, se non per denigrarla o distorcerla in vari modi. Questo nonostante ovunque, in qualsiasi epoca, l'economia sia stata anche parzialmente liberalizzata (in senso reale, non come slogan) si sia assistito a grande crescita del benessere economico.

La teoria austriaca procede per logica deduttiva a partire da un assioma considerato auto-evidente: la società è composta da individui i quali agiscono e possono compiere scelte in base ai loro personali obiettivi. La caratteristica di poter agire e scegliere è la caratteristica dell'uomo che concerne l'economia. Lo definirei qualcosa di veramente lapalissiano. E le altre teorie? Mah, forse anch'esse partono dal fatto che la società è composta da esseri umani, ma la cosa è immediatamente messa da parte: ecco che la società è formata da classi sociali, le quali determinano le azioni degli individui che le compongono; oppure da aggregati macroeconomici quali disoccupazione, inflazione, PIL, ecc.; oppure da parametri poco comprensibili legati al bilancio statale.

Nella teoria austriaca, l'individuo e le sue scelte sono costantemente al cuore del ragionamento economico. Questo non perché la teoria austriaca "si preoccupa solo dell'individuo" (un'accusa frequente da parte di chi non sa come altro rispondere alle conclusioni degli austriaci); la teoria austriaca ovviamente si preoccupa della società nel suo complesso, non sarebbe una teoria economica non fosse così! E' proprio la realtà ad essere così: la società è composta da individui che agiscono e scelgono; è l'individuo che può pensare e agire, non la "società" o una "classe sociale". Ci si può dolere di questo fatto quanto si vuole, ma non lo si può cambiare.

Un paio di anni fa, perplessa dalle affermazioni confuse in economia che sentivo pronunciare continuamente, mi parve che gli equivoci nascessero dal non avere chiari i fondamenti di base e l'oggetto di studio dell'economia. Così decisi di scrivere una breve trattazione che procedesse dai principi fondamentali, senza darli per scontati, in modo il più elementare possibile affinché fosse leggibile da chiunque con impegno minimo. Il risultato sono cinque brevi saggi, il primo a seguire, gli altri saranno postati in successione nelle prossime settimane. Si tratta certamente di una trattazione in ottica austriaca, però citando solo i principi e la metodologia di base, senza arrivare ai risultati e teoremi più complessi. Al tempo stesso, sono messi in luce alcuni dei più frequenti equivoci e le differenze sostanziali rispetto alle altre teorie.

1. Che cos'è l'economia

La scarsità come ineliminabile condizione umana

L'uomo si trova sulla Terra in una condizione di scarsità materiale. Cioè, per vivere è necessario per l'uomo compiere lavoro per ottenere ciò di cui ha bisogno dalla natura. Senza compiere lavoro (o senza che qualcun altro lo compia per lui) l'uomo non sopravvive che per brevissimo tempo. Per contrasto, la condizione di non scarsità è quella propria dell'Eden, in cui c'è infinita abbondanza. Le Scritture tramandano che l'uomo è caduto dall'Eden, diventando mortale. Rimane nell’uomo l’anelito alla condizione di non scarsità e il terrore della scarsità, così come il terrore della morte.

La scarsità è un aspetto ineludibile dell'esistenza umana. L'uomo non può annullare questa situazione. Però, può fare molto per facilitare il lavoro per rendere disponibili le risorse di cui ha bisogno.

Ciò di cui l'uomo ha bisogno sono innanzitutto necessità essenziali (aria, acqua, cibo, tetto, vestiario); quando queste necessità sono soddisfatte, nascono una serie infinita di bisogni e desideri a grado inferiore di urgenza, verso cose che rendano più agevole il soddisfacimento delle necessità essenziali e in generale rendano la vita più confortevole. La serie dei bisogni e dei desideri per migliorare la propria condizione non finisce mai; la situazione di infinita abbondanza non è mai raggiunta. Non è necessariamente il lusso ciò a cui l’uomo aspira, ma è in ogni caso un'abbondanza di risorse che permetta sempre più di essere liberi dal bisogno e poter perseguire ciò che più si apprezza, ad esempio avere molto tempo libero, o potersi dedicare ad aiutare altri. Una delle cose più apprezzate e ricercate dall'uomo è la ragionevole sicurezza di essere liberi dal bisogno nel futuro in prospettiva relativamente lunga.

Le risorse che abbiamo a disposizione verso l'obiettivo di soddisfare i nostri bisogni/desideri, e di farlo in modo sempre più agevole, sono ciò che si trova in natura, ma soprattutto sono le nostre stesse risorse, in termini di risorse fisiche, tempo, capacità di esercitare il nostro ingegno e la nostra creatività.

Il fatto che una risorsa sia "scarsa" vuol dire che essa non è infinitamente disponibile al momento presente. Non ha alcuna relazione con la "limitatezza delle risorse" dei dubbi proclami pseudo-ecologisti. Le risorse possono in linea generale essere aumentate indefinitamente. Anche ciò che è possibile produrre con le nostre forze fisiche e con il nostro tempo può essere incrementato senza che sia definibile un limite non superabile. Direi che si tratta di qualcosa ben dimostrato dalla storia dell'uomo.

La storia mostra, però, che può anche verificarsi una drastica riduzione delle risorse disponibili, a volte fino a ripiombare in breve tempo in condizioni di povertà e in balia degli elementi naturali a livelli che si ritenevano superati da lungo tempo. Anche eventi naturali catastrofici possono produrre miseria, ma in tempi recenti all'origine di queste ricadute ci sono sempre idee irrazionali e conseguenti azioni da parte degli uomini. Il caso più eclatante è quello della Cina, negli anni '50, con la pianificazione centralizzata dell'agricoltura sotto il governo di Mao, che portò alla morte per fame di diverse decine di milioni di persone; da quel periodo ebbe origine il detto "i comunisti mangiano i bambini", perché in condizioni di estrema carestia si può arrivare al cannibalismo. Dico questo per dare un’idea di fino a che punto seguire una teoria economica sbagliata può avere conseguenze sciagurate. Nella nostra società occidentale la maggioranza della gente considera garantita un'abbondanza di beni in apparenza inesauribile, senza ricordare di quanto c'è voluto poco, tante volte nella storia, specialmente in caso di guerre, a ripiombare in condizioni di fame.

L'economia come anticipazione del bisogno futuro

L'uomo adulto è in grado non solo di valutare la situazione presente, ma anche di anticipare quello che probabilmente avverrà in futuro, innanzitutto sul breve termine, poi via via con lungimiranza temporale più lunga. E' in grado di anticipare che avrà bisogno di risorse anche domani, tra un mese, l'anno prossimo, tra dieci anni, e possiede una spinta a compiere azioni con l'obiettivo di migliorare la sua possibilità di consumo non solo nell'immediato, ma anche in futuro. E' in grado di mettere in conto la possibilità di eventi negativi che possono precludere la sua capacità di produrre per un certo tempo e prendere contromisure in anticipo.

La gestione ragionata di risorse scarse, ovvero l'azione economica, con l’obiettivo di rendere ottimale la disponibilità di risorse sia nel presente che per un certo periodo nel futuro, richiede innanzitutto di non consumare nell'immediato tutto ciò che si ha a disposizione.

Se invece di consumare tutto il grano ne pianto una parte dei chicchi, l'anno prossimo è verosimile che abbia un raccolto. Se prendo tutto il denaro che ho e spendo senza pensarci, può essere che per qualche tempo viva alla grande, però non è un’idea saggia per il futuro. E così via. L'economia non ha senso di esistere se non c'è un futuro, o, in altri termini, l'economia nasce dalla consapevolezza umana che c'è un futuro.

Ci sono risorse, anche essenziali, che non sono per nulla scarse; sono disponibili in quantità illimitata, e di queste ovviamente non si fa alcuna economia. Ad esempio, non è scarsa l'acqua in molti luoghi, e l'aria è talmente abbondante che non ci preoccupiamo minimamente di quanta ne respiriamo. Se però prendiamo in considerazione un sub, la situazione è molto diversa: egli ha a disposizione solo una bombola d'aria, e per lui l'aria è una risorsa scarsissima. Un sub conosce perfettamente tutte le tecniche per risparmiare aria. Se respirasse e si muovesse senza pensarci la bombola finirebbe in pochi minuti. Solo consumando aria in modo oculato può portare a termine il suo lavoro, cioè produrre ciò di cui ha bisogno (il suo compenso, ad esempio).

L'economia - la gestione oculata - delle risorse scarse instaura un ciclo virtuoso nella direzione di creare prosperità, cioè abbondanza di risorse desiderate dall'uomo; il consumo totale nell'immediato, oppure lo spreco delle risorse, tende a instaurare un ciclo distruttivo che porta alla miseria.

Non è sufficiente consumare meno di quanto si produce per ottimizzare la possibilità di consumo futura; naturalmente, occorre che il surplus, o risparmio, sia messo a frutto, o quantomeno sia conservato senza essere reso inutilizzabile.

Non in tutte le situazioni (ovvero verso tutte le risorse) la gestione economica suggerisce di limitare il consumo: a volte, la miglior economia si ottiene massimizzando il consumo immediato, come nel caso di beni deperibili che non possono avere altro utilizzo; oppure, se si prevede che per un periodo futuro non si avrà possibilità di accesso a certe risorse, allora può essere ragionevole farne incetta. L'economia suggerisce azioni diverse a seconda della situazione; in tutti i casi, si tratta di anticipare il futuro e gestire le risorse attuali tenendo conto non solo del presente ma anche del futuro.

Tutti noi abbiamo a che fare quotidianamente con risorse scarse (tipicamente il nostro stipendio) e compiamo scelte economiche, anche senza rendercene conto talmente sono quotidiane. Quasi tutti, se avessero maggiori entrate, cioè maggiori risorse, cambierebbero qualcosa delle loro abitudini di consumo. C'è chi è più o meno bravo, chi si preoccupa più o meno per il futuro (e non esiste un grado ottimale di preoccupazione per il futuro), ma tutti ci barcameniamo tra prudenza da una parte e fiducia nella Provvidenza dall'altra. Credo di poter dire che la Provvidenza non sia amica né degli scialacquatori né degli avari.

L'incremento delle risorse tramite metodi di produzione più efficienti

Per aumentare le risorse a sua disposizione, l'uomo è spinto ad escogitare metodi più efficienti di produzione di ciò di cui ha bisogno. Un metodo di produzione migliore può consistere anche semplicemente in una nuova tecnica per l'uso delle mani. In generale, si tratta del miglioramento delle tecniche e degli strumenti per la produzione.

Per fare questo, l'uomo deve riservare una parte delle risorse che produce non al consumo immediato bensì all'attività di “sviluppo” di migliori metodi di produzione per il futuro. Prendiamo l'esempio di una tribù primitiva di pescatori. Consumando meno pesce di quello che riesce a pescare con le mani (e assumendo che il pesce possa essere conservato!), un pescatore può mettere da parte il pesce per nutrirsi durante un periodo in cui non andrà a pescare per dedicarsi a costruire una rete; in seguito, la rete gli permetterà di pescare molto più pesce con le stesse risorse. Quindi, avendo bisogno di meno tempo per pescare, potrà dedicarsi a produrre cose che soddisfano altri desideri, oppure fornire pesce ad altri che si dedicano, invece che a pescare, a produrre altri beni. Però, se si dedica a costruire una rete senza prima aver “messo da parte” di che nutrirsi senza dover andare a pescare, rischia di morir di fame. Questo semplicissimo caso illustra il principio che occorre prima risparmiare (astenersi dal consumo di tutto quello che si ha a disposizione) per poter investire. Oppure si può investire il risparmio di altri, prendendolo a prestito, ma comunque occorre che qualcuno abbia risparmiato.

L’efficienza nella produzione di risorse è enormemente incrementata dalla collaborazione tra esseri umani. Due uomini insieme possono produrre molto più del doppio di quanto può produrre un uomo da solo, dieci uomini insieme molto più di cinque volte due uomini, e così via, fino ad arrivare alla divisione del lavoro internazionale. L’idea maltusiana di “crescita delle risorse inferiore alla crescita della popolazione”, e l’idea darwiniana che sia naturale la condizione di uomini l’uno contro l’altro per l’accesso alle risorse, sono idee senza alcun reale fondamento.

Economia e morale

E' un tema spinosissimo, che può dar luogo ad infinite discussioni, specialmente con cattolici che stentano a capire esattamente qual è l'oggetto della scienza economica. Qui lo tratto molto brevemente.

Il fatto che l'uomo si trovi a dover gestire risorse scarse e quindi la ragion d’essere dell’economia in sé non ha contenuto morale. L’economia si colloca su un altro livello dell’azione umana, ovviamente un livello più basso rispetto alla morale. Sia un killer professionista che Madre Teresa hanno a che fare con risorse terrene scarse. La morale ci guida negli obiettivi e nei comportamenti che dobbiamo avere nelle nostre azioni. L’economia ci guida nell’utilizzo delle risorse che abbiamo per perseguire i nostri obiettivi.

La disponibilità di risorse future di cui ci preoccupiamo con le nostre azioni economiche non è necessariamente per il nostro consumo; può anche essere per il consumo di altri a cui vogliamo fornire queste risorse. Da un punto di vista economico è la stessa cosa. Da un punto di vista morale può essere molto diverso.

Se si analizzano i prevedibili effetti futuri di una misura economica, come nelle altre indagini scientifiche si può arrivare a conclusioni che sono vere oppure false. Questo dovrebbe essere l'argomento del dibattito scientifico in economia. Non si può accusare un economista di immoralità perché non si gradiscono le sue conclusioni; quello che si può eventualmente fare è dimostrare che tali conclusioni sono false (è qui che tipicamente casca l'asino nelle critiche alla scuola austriaca, per questo si ricorre continuamente agli argomenti emotivi e alla denigrazione senza sostanza).

Allora cos'è l'economia? (non una scienza quantitativa)

In macroeconomia non ha senso fare previsioni quantitative, ad esempio sul valore di una grandezza economica ad una certa data precisa, in particolare quando si tratta dell’economia di un’intera società. Quello che succederà dipende dalle decisioni individuali di un enorme numero di persone su quanto e come produrre e consumare. Non esistono “costanti” che legano l’evoluzione delle grandezze nel tempo come nelle leggi fisiche. Questo è il motivo per cui le formule matematiche non possono sostituire il ragionamento economico, né vi aggiungono nulla (anzi, spesso la formulazione matematica di leggi economiche ha il solo effetto di confondere). Si può prevedere che l'effetto di certe misure economiche sarà di rendere verosimile il verificarsi di un certo tipo di crisi, non è possibile prevedere con precisione quando la crisi si verificherà.

L’economia è l'arte di anticipare il futuro prevedendo il tipo di effetti che saranno prodotti da certe azioni economiche sul breve, medio e lungo termine. In particolare, la teoria economica seguita da chi ha la responsabilità di guidare la società dovrebbe essere in grado di prevedere gli effetti di misure economiche su tutti i gruppi che compongono la società, e a termine sufficientemente lungo.

Quello che tipicamente succede, invece, è che sono sostenute le teorie economiche favorevoli alle misure volute, esaminando selettivamente solo una parte degli effetti, solo per alcuni gruppi e solo a breve termine. In questo modo si cerca di far sembrare ragionevole quello che un’analisi completa mostrerebbe non essere ragionevole per nulla, al fine di rendere accettabili all’opinione pubblica misure economiche che favoriscono un gruppo di persone a scapito di altri gruppi.

Ovvio, però...

Credo che tutti riterrebbero ovvii i principi di base di economia espressi sopra, al punto che forse si può pensare “ma c’era bisogno di dirlo?”. Però poi succede che molti non battano ciglio di fronte ad affermazioni come “per favorire la crescita occorre stimolare la domanda”, “la crisi c'è perché la gente ha paura di spendere”, “lo stato deve creare posti di lavoro per controbattere la crisi”, “ci vuole un’iniezione di liquidità nel sistema bancario”, “in un periodo di crisi occorre investire nella ricerca”, “la soluzione sono gli eurobond”, “la tecnologia rende obsoleto il lavoro dell’uomo”, ognuna delle quali, se ci si riflette un po', è in palese contrasto con quanto sembrava ovvio. Nei passaggi che portano ad accettare senza battere ciglio queste affermazioni deve essere successo qualcosa.

Il principale equivoco è insito nella teoria del valore, che è il cardine della teoria economica e di cui si parlerà nella prossima parte.

Riepilogando

In questa prima parte sono citati alcuni principi fondamentali di economia.

La scarsità delle risorse di cui l'uomo ha bisogno o che desidera, quindi la necessità di compiere lavoro per ottenerle, fa parte della condizione umana. Ciononostante, capita ripetutamente di sentire proclami economici che alla radice hanno un principio di non scarsità: cito l'esempio principale, cioè l'idea che si possa creare prosperità con qualche schema monetario che produce denaro dal nulla e lo alloca a giudizio di pianificatori designati. Il principio di scarsità implica che non ci sono ricette miracolose per produrre risorse senza impegno.

La scarsità permane sempre, anche quando c'è abbondanza di risorse precedentemente scarse: il desiderio umano di nuove risorse è infinito. Questo è il principio di fondo per cui non è mai vero che gli sviluppi tecnologici creano disoccupazione né tantomeno povertà, nonostante i frequenti proclami del contrario.

L'economia è, in generale, la gestione delle risorse in vista della disponibilità di risorse per il consumo futuro. Qualunque idea economica che non contempli l'evoluzione nel tempo è un controsenso di per sé. Su questo principio non reggono i vari schemi di "redistribuzione" della ricchezza, che fanno leva su reazioni emotive e superficiali, proponendo in realtà misure che nel tempo fanno diminuire le risorse disponibili, a svantaggio proprio di coloro che si proclama di voler aiutare.

Sono stati accennati i principi del capitalismo (risparmio - investimento - migliori mezzi di produzione) e della divisione del lavoro, che sono alla base dell'aumento delle risorse disponibili, quindi della prosperità.

Vorrei ancora una volta mettere in evidenza che il fine di ogni azione economica è la disponibilità di risorse gradite per il consumo presente e futuro. Questo preme all'uomo. Il fine dell'economia non è il "lavoro" (sgraditissimo all'uomo se è forzato dal bisogno) e neanche il denaro, se non in quanto "lavoro" e "denaro" sono funzionali ad avere risorse per il consumo. A forza di sottintenderlo, si rischiano le più nefaste distorsioni. La teoria economica della scuola austriaca pone al centro il consumatore; non i "lavoratori", non i "capitalisti", ma i consumatori; cioè, si preoccupa di quello che succede ai consumatori, non ai lavoratori o ai capitalisti. E consumatori, per la natura stessa dell'uomo, siamo veramente tutti, lavoratori, pensionati, imprenditori, ecc.. Quella austriaca è la teoria economica che non pone alcuna categoria contro nessuna delle altre.

Nelle parti successive questi principi saranno trattati in maggiore dettaglio.

(Maria Missiroli)

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Parti successive

2. La teoria del valore

3. Il denaro

4. Il mercato

5. L'espansione del credito e il business cycle

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