11 marzo 2014

La  scuola austriaca differisce dalle altre scuole di economia a livello epistemologico, cioè già nella metodologia per il procedimento di analisi e avanzamento della conoscenza. In termini semplici, significa che gli austriaci non solo non condividono molte conclusioni e affermazioni degli altri economisti; ritengono erronei proprio i metodi con cui essi giungono a quelle conclusioni.

In questo formidabile brano tratto da Human Action (il trattato di economia di von Mises compendio del suo pensiero) il tema non è tanto l'epistemologia della scuola austriaca, tema che, naturalmente, è ampiamente trattato altrove nella stessa opera. Piuttosto, si tratta di riflessioni sulla differenza  epistemologica tra economia e  scienze naturali e sul perché sono così diffusi in economia approcci epistemologici di dubbia razionalità.

Il motivo è insito nella natura umana. Dice von Mises che l'uomo facilmente si rassegna ai limiti a quello che può fare imposti dalle leggi proprie delle scienze naturali; ad esempio, si rassegna facilmente a non poter uscire di casa dalla finestra al terzo piano; capisce bene sin da tenera età che è meglio per lui uscire dalla porta a piano terra! Le leggi della natura come la gravità parlano un linguaggio facilmente percepibile a tutti. Ma nel campo socio-economico i fenomeni sono complessi per loro natura, in quanto dipendono dall'interazione di innumerevoli esseri umani; di conseguenza, la distinzione tra cause ed effetti non è mai perfettamente inequivocabile, e non può essere misurata sperimentalmente. Ciò significa che le interpretazioni arbitrarie ed erronee degli avvenimenti non sono confutabili in modo incontestabile; la porta rimane sempre aperta ad interpretazioni non basate sulla logica ma sulle personali convinzioni.
A questo va aggiunto che l'arbitrarietà in ambito socio-economico è attivamente promossa dal sistema scolastico e accademico, in modo da rendere accettabili alle popolazioni azioni politiche che ad un'analisi seria mostrerebbero tutta la loro faziosità.

Probabilmente questo brano apparirà astruso a chi non conosce la scuola austriaca e la sua storia. Chi ha approfondito la materia invece vi riconosce concentrate molte verità importanti, divenute familiari per essersi trovati a scontrarvisi più e più volte.

Così, ad esempio, tutte le volte che leggo la frase "La propensione dell'uomo superficiale ad attribuire onnipotenza ai propri pensieri, per quanto confusi e contraddittori, non è mai manifestamente e inequivocabilmente falsificata dall'esperienza" non posso fare a meno di ripensare a infinite discussioni avute nel corso degli anni.

Penso in modo particolare alle discussioni con "greenbacker" di vario tipo: sono quelli che sostengono che il problema della banche centrali è "di essere private", e la soluzione sta nella "banca centrale pubblica"; quelli che insistono che il problema è la "moneta-debito" invece di "debt-free", per cui emettendo moneta nazionale non affetta da debito i problemi economici si potrebbero automaticamente risolvere. Sono opinioni molto diffuse tra chi segue e chi produce informazione alternativa, e anche, ad esempio, tra i grillini. Penso all'amico Alberto Medici, che si dà molto da fare per diffondere consapevolezza sugli inganni dei media. Lui è seguace del "greenbacker" Bill Still e adesso di un altro sedicente teorico monetario sempre sulla stessa linea, con qualche fantasiosa variazione sul tema. Dice Alberto che "Ron Paul ha quasi sempre ragione ma sul gold-standard si sbaglia".

Noi "gold-bug" (termine gergale per indicare i sostenitori dello standard aureo) abbiamo un bel daffare a spiegare i fondamenti della teoria del denaro. A spiegare qual è la funzione del denaro, come e perché è insorto l'uso del denaro, come si è evoluto il denaro nel tempo, oltre naturalmente ad innumerevoli esempi storici. A spiegare come funzionano le banche centrali, per quale scopo alcuni banchieri hanno spinto per crearle, quando e perché si è abbandonato lo standard aureo, cosa è successo nella storia quando si è emesso denaro fiat. A procedere per piccoli passi di logica rigorosa a partire da semplici assiomi autoevidenti.

Nulla di tutto questo sembra avere la minima importanza per chi ritiene di aver capito il trucco per realizzare un sistema monetario fiat che funziona e crea prosperità per tutti. L'oro? Una "reliquia del passato". Nel mondo moderno "non c'è più necessità di usare oro". Alberto mi ha ripetuto più volte un argomento contro l'oro che a lui sembra lapalissiano: "l'oro è in poche mani. Pensa a questo caso limite: se tutto l'oro fosse nelle mani di una sola persona, questa sarebbe ovviamente favorevole al gold standard". Perché? Perché gli sembra ovvio così. E' vero? No, e lo si può mostrare sia con la logica che con esempi storici (naturalmente un caso limite esattamente così non c'è mai stato, ma situazioni di questo tipo sì - non si trattava esattamente di oro, ma di altre commodity usate come denaro).

Denunciare la disinformazione dei media per poi proporre con superficialità misure che sono anche peggio di quello che c'è - in questo i grillini sono campioni mondiali. Però le bugie del media e della politica non dovrebbero giustificare il poter dire quello che "pare".

Poi ci sono le discussioni sullo stato sociale. Solo ad accennare, ad esempio, che si è contro la sanità pubblica si viene accolti con espressioni d'orrore. Vai a spiegare che "sanità pubblica" significa una serie di azioni coercitive dello stato che finiscono per peggiorare, inevitabilmente, la sanità per tutti e soprattutto per quelli che più ritiene di aiutare chi è a favore  della sanità pubblica. Cosa conta? "Io sono a favore della sanità pubblica perché secondo me è giusto", è la classica, laconica risposta. Se poi non funziona, c'è tutta una serie di colpevoli da identificare, e via a prendersela con la corruzione, con chi non fa il suo dovere, con la mancanza di "meccanismi trasparenti", e bla bla bla.

Anni di discussioni, sui temi economici più svariatii, alla fine diventa chiaro cosa intendeva von Mises con "la propensione dell'uomo superficiale ad attribuire onnipotenza ai propri pensieri ... non è mai manifestamente e inequivocabilmente falsificata dall'esperienza". Un meccanismo economico di interazione tra esseri umani è sostenuto perché "l'ho pensato io e mi sembra che debba funzionare così, e se non funziona è colpa degli altri".

 

La posizione peculiare e unica della scienza economica

di Ludwig von Mises (da Human Action , capitolo 37 - [1949])

La singolarità della scienza economica

Ciò che assegna alla scienza economica una posizione peculiare e unica nell'orbita sia della conoscenza pura sia dell'utilizzo pratico della conoscenza è il fatto che i suoi teoremi non sono suscettibili di alcuna verifica né falsificazione sulla base dell'esperienza. Naturalmente, una misura suggerita da solido ragionamento economico ha il risultato di produrre gli effetti voluti, mentre una misura suggerita da ragionamento economico fallace non porta al conseguimento degli obiettivi previsti. Però questa esperienza è sempre solo esperienza storica, cioè esperienza di fenomeni complessi. Non può mai provare vero o provare falso alcun teorema specifico. L'applicazione di falsi teoremi economici produce conseguenze indesiderate. Ma questi effetti non hanno mai l'incontestabile potere di convincimento che hanno i fatti sperimentali nel campo delle scienze naturali. Il criterio ultimo per la correttezza o meno di un teorema economico risiede unicamente nella ragione senza aiuto dall'esperienza.

L'effetto infausto di questo stato di cose è che esso impedisce alla mente superficiale di riconoscere la realtà delle cose di cui tratta la scienza economica. "Reale" è, agli occhi dell'uomo, tutto ciò che egli non può cambiare e alla cui esistenza egli deve adattare le sue azioni se vuole raggiungere i suoi obiettivi. La cognizione della realtà è un'esperienza triste. Insegna i limiti alla soddisfazione dei propri desideri. Solo con riluttanza l'uomo si rassegna alla intuizione che ci sono cose, cioè l'intero complesso di tutte le relazioni causali tra gli eventi, che non possono essere alterate anche se lo si desidera. Tuttavia l'esperienza dei sensi parla un linguaggio facilmente percepibile. Non c'è da discutere con gli esperimenti. La realtà di fatti sperimentalmente stabiliti non può essere contestata.

Ma nel campo della conoscenza prasseologica [N.d.T.: termine con cui si indica l'ambito delle scienze sociali che include l'economia] né il successo né il fallimento parlano un linguaggio distinto udibile da tutti. L'esperienza derivata esclusivamente da fenomeni complessi non sbarra la strada ad interpretazioni basate su pensiero illusorio. La propensione dell'uomo superficiale ad attribuire onnipotenza ai propri pensieri, per quanto confusi e contraddittori, non è mai manifestamente e inequivocabilmente falsificata dall'esperienza. L'economista non può mai confutare gli eccentrici e gli impostori in economia nel modo in cui il medico confuta lo stregone e il ciarlatano. La storia parla solo a coloro che sanno come interpretarla sulla base di teorie corrette.

Scienza economica e opinione pubblica

La portata di questa fondamentale differenza epistemologica diviene chiara se comprendiamo che la messa in pratica degli insegnamenti di economia presuppone l'approvazione di tali insegnamenti da parte dell'opinione pubblica. Nell'economia di mercato la realizzazione di innovazioni tecnologiche non richiede nulla di più che la presa di coscienza della loro sensatezza da parte di qualche spirito illuminato. Apatia e goffaggine da parte della masse  non possono fermare i pionieri dell'avanzamento tecnologico. Non c'è nessun bisogno per loro di ottenere in anticipo l'approvazione di gente apatica. Sono liberi di imbarcarsi nei loro progetti anche se tutti gli altri ridono di loro. Più avanti, quando appaiono sul mercato prodotti nuovi, migliori e più economici, chi prima derideva correrà per questi prodotti. Per quanto apatico un uomo possa essere, sa cos'è la differenza tra scarpe più economiche e scarpe più care e sa apprezzare l'utilità di nuovi prodotti.

E' diverso nel campo dell'organizzazione sociale e delle politiche economiche. Qui le migliori teorie sono inutili se non sono appoggiate dall'opinione pubblica. Non possono funzionare se non sono accettate da una maggioranza. Qualunque sia il sistema di governo, è fuori questione che si possa governare una nazione a lungo sulla base di dottrine in contrasto con l'opinione pubblica. Alla fine la filosofia della maggioranza prevale. Sul lungo termine non può esistere una cosa come un sistema di governo impopolare. La differenza tra democrazia e dispotismo non incide sull'esito finale. Riguarda solo il metodo tramite il quale si realizza l'aggiustamento del sistema di governo all'ideologia dell'opinione pubblica. I despoti impopolari possono essere detronizzati solo da insurrezioni rivoluzionarie, mentre i governanti democratici impopolari sono pacificamente rimossi alle prossime elezioni.

La supremazia dell'opinione pubblica determina non solo il ruolo singolare occupato dalla scienza economica nel complesso del pensiero e della conoscenza. Determina l'intero processo della storia umana.

Le consuete discussioni sul ruolo dell'individuo nella storia mancano il punto. Tutto ciò che è pensato, fatto e compiuto è opera di individui. Le nuove idee e le innovazioni sono sempre opera di uomini non comuni. Però questi grandi uomini non possono riuscire ad adattare le condizioni sociali ai loro progetti se non convincono l'opinione pubblica.

Il fiorire della società umana dipende da due fattori: la capacità intellettuale di uomini non comuni di concepire solide teorie sociali ed economiche e l'abilità degli stessi o altri uomini di rendere queste ideologie apprezzabili dalla maggioranza.