Jeff Deist sul perché un piccolo, importantissimo libro di Mises è così attuale ai nostri giorni

Jeff Deist (LewRockwell.com, 25 maggio 2019 - da mises.org)

Kamala Harris, aspirante alla carica di presidente, promette di obbligare le aziende private con più di 100 dipendenti a comunicare quanto pagano i dipendenti alla Commissione per le Pari Opportunità nell'Impiego. Le aziende che non pagano le donne "abbastanza" saranno multate fino a quando non dimostrano un livello accettabile di parità di genere. “Mayor Pete” Buttigieg, sindaco di South Bend, Indiana, pensa che l'America abbia bisogno di un “Equality Act” federale per rimediare a razzismo, sessismo e omofobia del passato. La senatrice Elizabeth Warren è paladina di pagamenti diretti agli americani neri come risarcimento per la schiavitù. E tutti gli aspiranti per il 2020 si danno molto da fare per caratterizzare la disparità di reddito e ricchezza come tema principale della nostra epoca.

Il filo apparente che connette tutte queste idee di politiche pubbliche è la parità. Milioni di americani credono fermamente che il ruolo appropriato dello stato sia di renderci più uguali, e quindi rendere la società più giusta. Le idee liberali vecchio stampo sui diritti naturali e di proprietà privata a malapena sono contemplate in questa visione del mondo. E questo non sarà cambiato da un'elezione o da un politico; l'egalitarismo quale principio animatore di politica ed economia è fermamente incastonato in tutto l'Occidente di oggi.

Le radici di queste proposte sono nella giustizia, o nell'odio e nell'invidia? Sono presentate come appello per giustizia risarcitoria, per quanto forzata e remota? O rappresentano un'esibizione grossolana di cinismo politico, un appello che ha l'obiettivo di dividere? Non ci piace giocare allo psicologo amatoriale. Però dopo più di un secolo di proclami progressisti di buone intenzioni, i risultati parlano da soli: il capitalismo e i mercati fanno crescere libertà e prosperità, mentre l'ingegneria politica è a somma zero e antagonistica.

Ludwig von Mises spiegò così tanto di quello che ancora ci affligge nel suo classico non sufficientemente valutato The Anti-Capitalistic Mentality. Scritto nei primi anni '50, verso la fine della lunga carriera di Mises, questo breve libro mostra un linguaggio più semplice e un passo più veloce rispetto alle opere precedenti. Avendo vissuto per più di un decennio negli Stati Uniti a questo punto, si può percepire il cambiamento nell'inglese scritto di Mises. È più a suo agio nell'uso di vocabili e sintassi, e completamente libero dal pensiero di dover restare nella sua corsia di economista.

Per Mises, il capitalismo è proprietà privata e mercati. È il motore della civilizzazione, e il segno distintivo di qualsiasi società dotata di naturale e salutare "spinta al miglioramento economico". È l'unico modo di organizzare la società che si accorda con la natura umana, promuove la pace e la coesione sociale, e favorisce il benessere materiale.

Allora come spiegare questo costante svilimento? I critici del capitalismo, non meno interessati a se stessi di chiunque altro, sono spiegabili con il loro disagio e insoddisfazione nella vita. E l'invidia, che non è meno di un peccato biblico, è la fonte di quel disagio e insoddisfazione. Quindi, mentre Mises molto prima aveva proposto il concetto di "disagio percepito" nelle sue spiegazioni prasseologiche, qui si spinge molto più avanti in un'esame conclamato della sorgente psicologica di quel disagio.

Perché gli intellettuali, in particolare i professori universitari, non sopportano il capitalismo? Semplice, spiega Mises: essi provano risentimento per i maggiori redditi degli imprenditori che corrono rischi, quei produttori di oggetti che loro guardano dall'alto in basso.

Perché gli elettori della classe lavoratrice non sopportano il capitalismo? Il capitalismo fornisce libertà, Mises ci dice, però impone responsabilità per il proprio destino nella vita (un suggerimento riguardo al motivo per cui la sinistra è profondamente infastidita da Jordan Peterson).  Un fratello o vicino di maggior successo è un monito per le proprie mancanze, e ogni giorno presenta un'occasione per avanzare o retrocedere. Questo proprio non è confortante.

Perché le élite letterarie e artistiche, incluse Hollywood e Broadway, odiano il capitalismo? I gusti del pubblico consumatore sono mutevoli ed effimeri. L'opera di un artista sensibile può essere completamente ignorata da audience di massa conformiste, e persino l'attore di successo può essere dimenticato dopo un film o due di scarso successo.

Il capitalismo produce cattiva arte? Chi può giudicare, chiede Mises, come i lavoratori stanchi impiegano il proprio tempo libero e i propri soldi? E con l'abbondanza fornita dal capitalismo, ogni gusto è soddisfatto. Col tempo, geni particolari come Shakespeare tendono ad emergere e prevalere -- sebbene non sempre in tempo per ricchezza e fama durante la vita dell'artista.

Ma il capitalismo non produce forse altri tipi di impoverimento, rendendoci meno felici, più ineguali, e rozzamente materialistici? Di nuovo, Mises senza remore mantiene la propria posizione: il materialismo è meritevole di celebrazione; i lussi di oggi sono necessità a buon mercato per la classe media di domani. L'ineguaglianza è senza significato fino a quando lottiamo con la scarsità, il punto di partenza di ogni analisi economica. L'accumulo di capitale è l'unico modo di alleviare la scarsità che definisce il nostro mondo naturale. La felicità è forse indefinibile e non misurabile, ma chi tra noi dovrebbe avere il diritto di negare un automobile o un frigorifero che soddisfa i desideri dei consumatori? Perché gli anti-capitalisti vogliono proibire all'uomo comune il suo "plebiscito quotidiano"?

Naturalmente la trattazione di Mises sulla mentalità anti-capitalista non rimase senza repliche da parte di critici. L'ignobile ex-spia sovietica Whittaker Chambers si affidò alle pagine del National Review per una denuncia del "conservatorismo che non sa nulla" del libro. La rivista The Economist (è mai stata una buona pubblicazione?) sferzò il "triste piccolo libro" di Mises e la sua caricatura del progressismo da parte di un oratore di "livello da Hyde Park".

Però, nei 65 anni che sono trascorsi, l'identificazione da parte di Mises di "invidia, presunzione, ignoranza e disonestà" tra gli anti-capitalisti occidentali si è dimostrata corretta? Gli eventi della seconda metà del ventesimo secolo, in particolare il collasso del comunismo sovietico, tendono a dargli ragione?

Certe frasi come "Sotto il capitalismo... lo stato di ognuno nella vita dipende da quello che fa", e "Sotto il capitalismo, il successo materiale dipende dall'apprezzamento dei risultati di un uomo da parte dei consumatori sovrani" colpiranno alcuni lettori come raffiguranti una visione eccessivamente rosea della meritocrazia americana. Ma di nuovo, la concezione del capitalismo di Mises è senza restrizioni, non il sistema misto di appoggio politico negli Stati Uniti di allora e di ora. La sua idea generale si conferma valida: i mercati e la proprietà offrono all'individuo opportunità prima mai conosciute nella storia umana, mentre la pianificazione statale ci rende tutti ingranaggi in una ruota.

In ultima analisi, The Anti-Capitalistic Mentality è una difesa del capitalismo dinamico contro le dottrine sia dei progressisti sia dei conservatori. I primi negherebbero alla gente media quella opportunità americana più unica e amata: la possibilità di mobilità sociale verso l'alto. I secondi cercano di proteggere il loro stesso status contro i nouveau riche che sconvolgono il mercato. Entrambi cercano di mantenere gli uomini al loro posto, mentre il capitalismo senza briglie -- con i suoi pregi e difetti -- dà loro speranza con responsabilità.

Mises lo capiva. I politici dovrebbero leggerlo.

(Traduzione Maria Missiroli)

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Nota -- MM
Forse più che i politici dovrebbero leggerlo le persone!
Come al solito bellissimo articolo di Deist, che spiega tante cose dense di significato in poche parole.
Colpisce l'evoluzione di Mises, da scienziato rigoroso economico, alla comprensione che la battaglia non è solo verso l'ignoranza ma anche soprattutto psicologica.

Sullo stesso libro di Mises: Mises predisse la popolarità di Piketty

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