Una lettura del discorso di Trump all'ONU un po' diversa dalle altre, probabilmente azzeccata

(Antiwar, 21 settembre 2017)

Ricco di sonorità e furia, senza significare molto

Quello che passerà alla storia come il discorso "rocket man" evidenzia la confusione, le contraddizioni, i pericoli, e persino alcune delle virtù - per quanto attenuate - della presidenza Trump.

Nonostante la retorica pomposa - o, forse, proprio per questo - è difficile prendere seriamente la minaccia di Trump di "distruggere" la Corea del Nord. Trump sa, come i generali sicuramente sanno, che la distruzione di Pyongyang sarebbe accompagnata dall'annichilimento di Seoul - una città di più di dieci milioni di persone. A parte questo, tuttavia, gli isterici tra noi hanno mancato di sottolineare che la minaccia di Trump era condizionata: "se fossimo forzati a difendere noi stessi o i nostri alleati".  È stato scritto molto su come un'azione simile sarebbe un "crimine di guerra", e questo è indubbiamente vero. Tuttavia il nostro opinionariato storicamente ignorante - o forse intenzionalmente cieco? - non sembra si renda conto che abbiamo già "totalmente distrutto" la Corea del Nord. Entro il 1951, gli Stati Uniti avevano raso al suolo tutte le città della Corea del Nord - distruzione dall'80 al 90%.

Per quale motivo pensate che Kim Jong-un voglia un deterrente nucleare?

In ogni caso, Trump non attaccherà la Corea del Nord a meno che il leader nordcoreano non attacchi per primo - e nonostante Trump caratterizzi Kim come "in missione suicida", il piccolo despota sta giocando d'anticipo mantenendo una situazione di stallo con gli Stati Uniti.

Anche l'ostentato attacco di Trump all'accordo con l'Iran ha reso molti parecchio nervosi, nonostante il fatto che niente di ciò che Trump ha detto all'ONU sia in alcun modo diverso da quanto ha detto nella campagna presidenziale del 2016. Come è il caso per la retorica del "rocket man", si tratta solo di Trump che fa quello che più gli piace fare - ascoltare il suono della sua stessa voce mentre lancia onde d'urto attraverso i media. Sì, ha detto che è "un cattivo accordo", il "peggior accordo", e una "disgrazia", ma da nessuna parte ha detto che lo annullerà - perché non può essere annullato. Oh, certo, gli Stati Uniti lo potrebbero "decertificare" l'ottemperanza dell'Iran ai termini dell'accordo, ma e allora? Le sanzioni presumibilmente imposte come "risposta per le rime" non sarebbero riconosciute da nessun altro paese che fa affari con l'Iran: l'effetto sarebbe prossimo a nullo.

Trump lo sa: anche gli iraniani lo sanno. Ma nulla di tutto ciò ha niente a che fare con l'Iran, o con la nostra reale politica estera: è tutto su Israele e sulla politica interna. Trump in realtà si sta rivolgendo al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nella vana speranza di ricavarne qualcosa per quanto riguarda la promessa elettorale di risolvere finalmente la questione Israelo-Palestinese. E ovviamente la lobby israeliana è una forza potente a Washington, dove il presidente ha pochi amici.

In entrambe le situazioni, Corea del Nord o Iran, qualsiasi azione americana è ad alto rischio con bassa probabilità di successo, però c'è qualche pericolo reale posto dalla presidenza Trump quando parliamo del Venezuela. "Gli Stati Uniti hanno intrapreso passi importanti per porre il regime di fronte alle proprie responsabilità", Trump ha detto, "Siamo pronti a intraprendere ulteriori azioni se il governo del Venezuela persiste sulla strada di imporre un governo autoritario sul popolo venezuelano."

Quindi qui c'è una minaccia concreta seppur vaga, una minaccia che appare più solida delle esternazioni contro l'Iran e la Corea del Nord perché non c'è un contrappeso negativo, né internazionale né interno.  E la vaghezza della minaccia si dissipa una volta che ricordiamo la celebrata storia dell'intervento americano in America Latina, che ha spaziato da conclamate invasioni ad operazioni segrete della CIA mirate al cambio di regime. Il governo di Maduro non ha amici a Washington, nessun grande alleato internazionale, nessuna lobby a proteggere i suoi interessi e nessun reale difensore da entrambi i lati dello spettro politico, tranne per qualche isolato personaggio dell'estrema sinistra. Quindi, perché non fare la mossa su Maduro, anche se solo per dimostrare di non essere un "isolazionista" all'ala McCain-Graham del Partito Repubblicano?

In ogni caso, quello che gli Stati Uniti stanno attualmente facendo per indebolire il regime di Maduro in Venezuela è senza dubbio meramente una continuazione di quello che facevano l'amministrazione Obama e il Dipartimento di Stato di Hillary Clinton tramite sussidi e direttive all'opposizione di destra. Le sanzioni aggiuntive sono ancora più della stessa cosa.

Il discorso di Trump all'ONU ha tutti i segni di essere stato scritto da un comitato - un comitato con punti di vista bizzarramente contrastanti. Da una parte, abbiamo la retorica di rito 'America First' "isolazionista" - l'America "guiderà con l'esempio", rinuncia ad ogni desiderio di dire al mondo come vivere - e dall'altra parte abbiamo "rocket man", minacce (in gran parte vuote), e lodi per nientemeno che Harry Truman e il Piano Marshall - il secondo essendo l'esempio perfetto di internazionalismo auto-sacrificale.

Gli effetti della Trump Derangement Syndrome sulle capacità analitiche della comunità di politica estera sono dolorosamente ovvi: distorce la percezione e conferma i preconcetti. Prima Trump si supponeva fosse un pericoloso "isolazionista" che avrebbe distrutto il oh-così-sacro ordine internazionale e ceduto l'Alaska ai russi. Ora abbiamo nientemeno che Jacob Heilbrunn a sentenziare che Trump è diventato pienamente neocon. Tutto questo nel giro di pochi mesi!

La verità è che nessuna di queste opinioni estreme ha la minima relazione con la realtà: sono impressionistiche, contraddette dai fatti e puramente speculative.

Sicuramente, c'è molto da non apprezzare nel discorso di Trump all'ONU: per esempio, ha avuto l'impudenza di citare la guerra nello Yemen dandone la colpa all'Iran, un attore marginale, quando il reale colpevole è l'Arabia Saudita, che sta bombardando città yemenite, uccidendo civili e causando una carestia che ucciderà innumerevoli migliaia di persone. I sauditi - i principali finanziatori e ideologi del terrorismo islamico radicale - ne escono impunemente, mentre i relativamente pacifici iraniani sono messi alla gogna. Per chiunque sappia qualcosa su come l'islamismo radicale viene diffuso e da chi, questa è una grottesca inversione della verità.

Se dissezioniamo il discorso di Trump, quello che troviamo è che il 75% è pura rodomontata - una parola che è andata fuori moda, ma potrebbe avere un ritorno con questa presidenza. Significa vuota spacconata vanagloriosa. La rimanente parte consiste in contentini gettati a vari gruppi di interesse, inclusi i suoi stessi supporter "isolazionisti" e nazionalisti, oltre ai repubblicani standard e alla lobby sionista.

In breve, nulla di cui essere troppo eccitati.

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