Peter Van Buren (RonPaulInstitute, 24 aprile 2017)

La gente parla dell'Afghanistan come del "Vietnam della nostra generazione", un pantano, una guerra che va avanti semplicemente perché è andata avanti.

La guerra afghana si sta trascinando fino ad essere non solo il Vietnam della nostra generazione ma a breve anche quello della generazione successiva, durando da più di quindici anni. Ci sono soldati inviati là oggi che avevano due anni quando il conflitto è cominciato. Ci sono padri e figli dispiegati insieme. Bin Laden è morto da anni.

Con una breve interruzione, la guerra corrente in Iraq è in corso da circa 14 anni. Se la si inquadra in una prospettiva che va più indietro, Trump è ora il quinto presidente consecutivo che fa guerra in quel paese. Saddam è morto da anni.

E, pur di annata più recente, la guerra in Siria appare sia di durata indefinita sia in crescita di coinvolgimento americano. Se Assad morisse domani, la guerra probabilmente non farebbe che intensificarsi, in quanto le numerose parti in lotta competerebbero per succedergli.

La ragione per cui stiamo combattendo in tutti questi e diversi altri posti non può essere ancora "terrorismo", vero? Questa è stata più o meno la ragione per i trascorsi 16 anni, quindi ci aspetteremmo a questo punto che la questione sia stata sistemata. Cambio di regime? Anche molto di questo è avvenuto, e sembra nessuno sappia se si applica o si sia mai applicato alla Siria, per cominciare. L'America non può essere sotto minaccia dopo tutti questi anni, giusto? Voglio dire, la maggior potenza militare e tutto quanto.

Allora forse è ora che il presidente attuale ci dica perché stiamo ancora combattendo in tutte queste guerre. Il fatto è che l'esperienza con i precedenti presidenti riguardo alla spiegazione al pubblico americano (sempre assetato di sangue) del perché combattiamo, lascia a desiderare. Forse la storia ha una lezione per noi?

— Quando ero un bambino, successivi presidenti ci dissero che dovevamo combattere in Vietnam, Cambogia e Laos, perché se non li avessimo combattuti là avremmo dovuto combatterli sulle spiagge della California. Ci abbiamo creduto. Erano bugie.

— Ero adolescente durante la Guerra Fredda; diversi presidenti ci dissero che dovevamo creare massicce scorte di armi nucleari, presidiare il mondo, forse invadere Cuba, combattere guerre segrete e usare la CIA per rovesciare governi democraticamente eletti e rimpiazzarli con dittatori, altrimenti i russi ci avrebbero distrutto. Ci abbiamo creduto. Erano bugie.

— Quando ero al college il nostro presidente ci disse che dovevamo combattere in El Salvador, Guatemala, Honduras, e Nicaragua, o i sandinisti sarebbero arrivati negli Stati Uniti. Ci disse che Managua era più vicina a Washington DC di Los Angeles. Ci disse che dovevamo combattere in Libano, Grenada e Libia per proteggerci. Ci abbiamo creduto. Erano bugie.

— Quando avevo qualche anno in più, il nostro presidente ci disse quanto era malvagio Saddam Hussein, come i suoi soldati passassero alla baionetta i neonati in Kuwait. Ci disse che Saddam era una minaccia per l'America. Ci disse che dovevamo invadere Panama e rimuovere un dittatore, per proteggere l'America. Ci abbiamo creduto. Erano bugie.

— Un altro presidente ci disse che dovevamo combattere i terroristi in Somalia, così come bombardare l'Iraq, per proteggerci. Ci abbiamo creduto. Erano bugie.

— Il presidente dopo di lui ci disse che, siccome una manciata di sauditi da un gruppo vagamente connesso con l'Afghanistan ci aveva attaccato l'11 settembre, dovevamo occupare quel paese e distruggere i Talebani, che non ci avevano attaccato. I Talebani sono ancora là 15 anni dopo, ora c'è anche l'ISIS, e c'è ancora l'esercito americano. Ci abbiamo creduto. Erano bugie.

— In seguito lo stesso presidente ci disse che Saddam Hussein minacciava ognuno dei nostri figli con armi di distruzione di massa, che Saddam era alleato di al Qaeda. Ci abbiamo creduto. Erano bugie.

— Nel 2011 il presidente e il suo segretario di stato ci dissero che dovevamo cambiare il regime in Libia, per proteggerci da un malvagio dittatore. Ci abbiamo creduto. Erano bugie.

— Nell'agosto 2014 lo stesso presidente ci disse che dovevamo intervenire nuovamente in Iraq, in una missione umanitaria per salvare i Yazidi. Nessun soldato sul suolo, un atto semplice, limitato, che solo gli Stati Uniti potevano condurre, e poi ce ne saremmo andati. Ci abbiamo creduto. Erano bugie.

— Lo stesso presidente in seguito ci disse che gli americani dovevano combattere e morire in Siria. Disse che questo era necessario per proteggerci, perché se non avessimo sconfitto lo Stato Islamico là, essi sarebbero venuti da noi, in quella che ora chiamiamo, senza vergogna o ironia, La Patria. Ci abbiamo creduto. Erano bugie.

Quindi, con un nuovo personaggio alla Casa Bianca, forse è ora di rinnovare la domanda. Forse i media possono prendere un giorno di vacanza da quello che va vicino a piacere sessuale nello smaniare sulla nuova super bomba, e chiedere al presidente qualche semplice domanda: perché stiamo combattendo, qual è l'obiettivo, quando lo raggiungeremo? Qualcuno avrebbe dovuto chiedere molto tempo fa, ma dal momento che nessuno l'ha fatto, questo non può che essere un buon momento.

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[Nota - MM
Più chiaro di così. E l'autore non ha certo citato tutte le guerre. I soldi dei contribuenti, in quantità straordinarie, all'opera. Adesso è il turno del pazzo dittatore della Corea del Nord, per giustificare altre spese. Fin quando la gente continua a crederci... ]

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